Pd senza economia
Presi dalle faide tra correnti i dem non parlano di ciò che conta: tasse e lavoro
Tutte prese a farsi la guerra per la superiorità democratica del proprio ombelico, che ritengono coincidere con l’ombelico del mondo, le tribù dentro e intorno al Pd, hanno completamente smarrito gli argomenti sui quali ovunque si giocano le elezioni, e sempre si tiene il rapporto con gli elettori: l’economia. Che vuol dire la società, le tasse, il lavoro, la burocrazia, l’Europa. Non parliamo di debito e pil, che pure per l’Italia non sono questioni secondarie, ma del modello da proporre al paese. Più dentro o più fuori l’Europa? Più spesa pubblica con più tasse, o meno tasse e minore spesa corrente? Come rendere la scuola, e quindi il futuro dei giovani, coerente con un’industria che – vedi le cifre fornite da Marco Fortis sul Foglio di ieri – segna performance eccezionali, mentre la disoccupazione giovanile non scende? E come combattere le differenze tra la parte d’Italia che campa di sussidi e privilegi, e l’altra che affronta la competizione? L’economia domina il dibattito tra gli avversari: il centrodestra parla di flat tax e il M5s di reddito di cittadinanza. Sono idee più o meno convincenti, certo, e per adesso entrambe senza coperture credibili. Ma si tratta comunque di proposte immediate, che ognuno capisce al volo e sulle quali deciderà. D’altronde Matteo Renzi conquistò gran parte del paese con una nuova visione economica e sociale. Ora a sinistra tutto è cambiato, compreso ahinoi Renzi. Chi bombarda quotidianamente gli elettori con nomi da brividi (Pisapia, Bersani, D’Alema, Prodi, Orlando) e questioni verso le quali l’interesse è pari a zero (referendum, gazebo, caminetti), senza avere un’idea forte e un messaggio chiaro in economia, è destinato a schiantarsi al suolo.