Quindicenne inglese fa soldi con le merendine a scuola. In Italia sarebbe bocciato
Assunto da un'azienda, i prof. gli fanno tenere corsi di impresa
Londra. Napoleone diceva, con malcelato disprezzo, che i britannici sono un popolo di bottegai. Col tempo, costruendo un impero basato sul commercio e diventando un hub economico globale, oltremanica hanno fatto di questa ignominia un vanto. Non solo grazie alla mentalità capitalista infusa dal protestantesimo, ma anche per un humus che favorisce gli affari.
Un caso di studio, che trova sponde infelici in Italia, è quello del quindicenne Nathan John-Baptiste. Il ragazzino londinese, soprannominato “il lupo di Walthamstow”, si è messo a vendere merendine ai compagni di scuola, partendo da un “investimento” di 5 sterline. Ora il suo giro d’affari partito dal bagno dei maschi è di 1.150 sterline a settimana, 55.000 all’anno. Ha creato una rete con studenti di altre scuole che vendono i suoi prodotti e riceve gli ordini dai clienti via WhatsApp.
La sua scuola, che lo ha inizialmente messo in punizione, lo ha poi invitato a parlare di come fare impresa ai suoi compagni. Una società immobiliare lo ha assunto per uno stage estivo e il sabato usa la giornata libera per vendere prodotti da bagno. “I miei genitori mi hanno sempre ripetuto che devi lavorare duro per guadagnare, e l’ho fatto fin dalla quarta elementare quando ho iniziato a vendere cupcakes”, ha confidato Nathan al tabloid Daily Mail.
La stessa storia, con un finale differente, di un coetaneo all’Itis di Moncalieri, nel torinese. L’adolescente piemontese è stato “trattato come Pablo Escobar”, con dieci giorni di sospensione, venti di “isolamento”, sorvegliato in classe durante gli intervalli per impedirgli di vendere brioches e bocciato a fine anno. Il tentativo di riavviare l’attività a settembre è stato punito con altri quindici giorni di sospensione e con una multa di 5.000 euro dai vigili urbani. L’offerta di una borsa di studio da parte della Fondazione Einaudi ha dato ulteriore fuoco alle polveri, con insegnanti e collettivi studenteschi alleati nella lotta contro “i fuorilegge”, nel nome del rispetto delle regole. Alla fine di quest’anno scolastico il giovane è stato bocciato per la seconda volta, nonostante gli avvocati abbiano evidenziato un suo maggiore impegno nello studio e ora dovrà cambiare scuola.
Situazione identica, risultati diversi. Da un lato un sistema d’istruzione che ritiene il futuro degli studenti nel mondo del lavoro non passi solo dal nozionismo, dall’altro un istituto che nonostante l’accanimento contro “l’abusivismo” e la foga nel far rispettare le regole, non brilla nella classifica regionale stilata dalla Fondazione Agnelli. Da un lato una società che magari chiudendo un occhio premia l’iniziativa di un giovane che porta maggiore introito ai supermercati e soddisfa la domanda dei compagni, dall’altro un sistema che implementa misure draconiane verso i più deboli che cercano di mettere due soldi da parte per dipendere meno dai genitori. Due mondi agli antipodi, in cui tra due quasi coetanei con la stessa idea, uno passerà l’estate a perfezionare il suo curriculum e può festeggiare cenando sullo Shard, l’altro deve subire la seconda bocciatura di fila. A fronte di simili condizioni di partenza, non sorprendono i ventitré punti di distacco tra i due paesi nella disoccupazione giovanile. E fa sorridere che la richiesta di maggiore flessibilità all’Ue arrivi da uno Stato che è inflessibile con chi cerca, nel suo piccolo, di creare benessere.
I banchetti agli incroci dei quartieri americani, dove i bambini vendono limonata nei giorni di calura estiva, sono scene da film in Italia. In pochi minuti verrebbero tartassati da solerti vigili urbani, ispettori del lavoro, finanzieri e ispettori sanitari, in nome del “rispetto delle regole”.