Non solo Raggi. Precedenti e fallimenti della moneta alternativa
L'idea rilanciata dal Campidoglio non è una novità. Da De Magistris a Nogarin, quando i populisti si mettono a battere moneta di solito non finisce bene
C’era la “pizza di fango del Camerun”, profetica trovata della signora Vaccaroni, interpretata da Cinzia Leone, per dipingere in satira l’Italia ai tempi dell’ultima svalutazione della lira. Era il 1992 e a Palazzo Chigi sedeva ancora Giuliano Amato con la moneta schiacciata dalla speculazione, il paese era sull'“orlo del baratro”, come dichiarava lo stesso “dottor Sottile”. Un’altra epoca, si dirà: e invece la “pizza di fango del Camerun” potrebbe divenire moneta ufficiale anche nella Roma del secondo millennio.
“Noi abbiamo sempre detto che l’euro così non funziona e che dobbiamo preferirgli l’euro 2 o monete alternative” dichiarava nel giugno 2016 Luigi Di Maio, interrogato da Massimo Giannini a Ballarò. E dopo aver lanciato la funivia da Casalotti a Boccea e i “pannolini lavabili” per ridurre i rifiuti, Virginia Raggi aveva inserito nel programma del M5s per Roma la “moneta complementare”: una sorta di “baratto parziale” per favorire i piccoli negozi che soffrono la crisi. “Stiamo studiando Sardex (una moneta adottata in Sardegna, ndr) e anche il Tibex, che è già attivo a Roma e nel Lazio” da due anni, spiegava a Repubblica l’allora candidata grillina. “Con Sardex si crea un circuito virtuoso tra imprese che lavorano in un territorio e che scambiano servizi tra loro, una sorta di credito tra imprese. Una che vende un certo tipo di prodotto ha un credito che potrà spendere all’interno di un circuito di imprese che vendono o offrono altri servizi. È come se si pagasse in natura”.
Nonostante una certa ilarità e lo scetticismo provocati dalla proposta in campagna elettorale, la “moneta cittadina” torna ora alla ribalta, sponsorizzata dall’assessore romano al bilancio Andrea Mazzillo. E dal Piemonte a Cinque stelle, l’assessore Paola Pisano rilancia: “Stiamo studiando dei Torino-coin, un processo di innovazione distruttiva”.
I presupposti ci sono. La più grande moneta alternativa, ad oggi è il Wir: nasce in Svizzera nel 1934, la usano 62mila imprese, ma muove solo l’1 per cento del pil. Del laziale Tibex nel 2016 ne sono girati 2,1 milioni, (quasi il doppio del 2015). Il Sardex nasce nel 2009 e in quattro anni copre transazioni per 140 milioni di monete, con 300mila operazioni e 3.500 iscritti. Ma non ha nulla a che fare con grillini e sovranisti: “Noi siamo agnostici”, diceva alla Stampa Carlo Mancosu, fondatore e consigliere delegato di Sardex spa.
Ne ha parlato anche Luciano Capone sul Foglio: “Sardex è una circuito commerciale consolidato che funziona, in un contesto dove già ci sono scambi di filiera territoriali, ed è soprattutto un’iniziativa privata. La sensazione è che il problema della giunta Raggi sia la liquidità del comune più di quella delle aziende, e che quindi serva più una moneta intesa come emissione di debito”.
Non è la prima volta che i populisti no euro, impossibilitati ad abbandonare con un colpo di penna la moneta unica, s’innamorano dell’idea di stampare valuta per scalzare quella ufficiale: nel 2012 fu la volta di De Magistris col “Napo”. Nato dalla volontà dell’allora assessore meridionalista Marco Esposito – nel periodo in cui il sindaco di Napoli e il M5s si corteggiavano – i “ducati” 2.0 furono accolti con disinteresse dai cittadini partenopei che li lasciarono a scadere nel cassetto (andarono fuori corso il 31 dicembre 2015). Napoli ne stampò - si disse - 10 milioni con l’obiettivo di arrivare a 70 nel 2013. Secondo Confcommercio, “Il circuito è morto nella culla, come tante iniziative lanciate e dimenticate”.
Anche il sindaco grillino Filippo Nogarin ha presentato la nuova moneta complementare a Livorno: il “tallero” dà diritto ai cittadini ad un risparmio fino al 30 per cento sui prodotti acquistati all’interno di un centro commerciale della città. Partì dalla sola area di piazza XX settembre, nel centro cittadino, e a quanto pare non conquistò il mondo. Ma essendo il tallero un buono sconto, chi paga lo sconto? A occhio la fiscalità locale, ovvero i cittadini stessi di Livorno.
Tra i precedenti c’è anche Parma. Quando Pizzarotti era ancora un purosangue della scuderia pentastellata introdusse gli Scec, ovvero “Solidarietà che cammina”. In Italia ne circolano 3 milioni in 12 regioni. Sempre di buoni sconto si parla, monete parallele adottate dal consiglio comunale da usare come metodo di pagamento nel commercio al dettaglio. Nel 2013 la città emiliana ci investì 15 mila euro, ma il progetto si arenò nel 2015, tra le accuse reciproche e pernacchie degli “SCEC-tici”, i commercianti che non aderirono al progetto.
L'introduzione della “moneta fiscale” e la possibilità di promuovere un'alleanza con i paesi del Mediterraneo allargato la politica d’austerity europea per combattere i poteri forti, era la proposta contenuta anche nel secondo dei dieci punti del programma esteri del M5s, pubblicato sul blog di Grillo a firma di Gennaro Zezza, docente dell'Università degli studi di Cassino. Chissà se si è studiato anche la pizza di fango.