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Bolloré nel cul-de-sac italiano

Ugo Bertone

La campagna d’Italia di Vivendi non è stato un blitz in stile Bolloré. E il “grande affresco” non si vede ancora

Milano. Ci si aspettava che la “campagna d’Italia” di Vincent Bolloré sarebbe stata rapida, graffiante, un blitz da squalo della finanza. Invece sembra andare a rilento e ha diversi fronti aperti, sia in Telecom Italia sia in Mediaset, assaltate con la sua ammiraglia Vivendi. E quell’“affresco” per creare con rapide pennellate una società europea dei contenuti digitali, di cui l’imprenditore francese parlò al Financial Times nel giugno 2016, è ancora difficile da vedere, al di là di “una macchia di blu e un trattino di marrone”.

 

Bolloré ha appena voluto Amos Genish, in arte “mister Convergenza”, in Telecom Italia per gestire il dopo Flavio Cattaneo, ex ad congedato con 25 milioni di euro. Genish, già ufficiale dell’esercito di Israele, non ha ancora preso possesso della poltrona che il finanziere bretone ha già trovato modo per rendere movimentata la vita di Telecom – un cavallo di razza che negli ultimi venti anni (da quando è uscita dalla scuderia di stato) ha disarcionato ben nove amministratori. L’arrivo di Genish è stato preceduto da un comunicato che, per i tempi e per i contenuti, rappresenta una piccola bomba: Canal+, la pay tv controllata da Vivendi, ha proposto a Telecom di creare una joint venture per l’acquisizione di diritti audiovisivi e la produzione di serie tv. Un modo eloquente per comunicare al mondo che – una volta liquidato Cattaneo (più volte sospettato di eccessiva indipendenza) – Bolloré intende sottolineare che “Telecom c’est moi”, alla faccia di presunti conflitti di interessi o di mal di pancia dei consiglieri che gli hanno votato contro nel board di lunedì. Anche loro infatti dovranno approvare l’accordo che, come ogni decisione tra parti correlate, richiederà una maggioranza qualificata. Ma, soprattutto, la decisione di far scendere in campo Telecom sul terreno dei contenuti tv è una nuova dichiarazione di guerra nei confronti di Mediaset, che pure a lungo ha trattato con Cattaneo. Il duello con la creatura di Silvio Berlusconi – di nuovo in corsa per un non improbabile ritorno del suo partito in zona Palazzo Chigi – non è del resto l’unico che aspetta monsieur Vincent nella sua laboriosa campagna d’Italia. Va ricomposto, con pazienza, il rapporto con l’AgCom, che ha accertato il collegamento tra Telecom e la quota detenuta in Mediaset. Senza tralasciare il fronte giudiziario, ben intricato, o la madre di tutti i pericoli: il verdetto, atteso in autunno, dell’indagine Consob che potrebbe comportare l’obbligo di consolidare i debiti di Vivendi e di Telecom. Certo, il passo indietro sul fronte della banda ultralarga, dopo i dissidi tra Cattaneo e il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, può essere interpretato come un segnale di pace. Ma è assai difficile che Cattaneo si sia spinto così avanti senza un avallo del suo azionista, specializzato in incursioni e ritirate tattiche, salvo nuovi affondi. A prima vista, insomma, il patron di Vivendi sembra finito in un cul-de-sac: le pur non invincibili armate della famiglia Berlusconi sbarrano la strada che dovrebbe consentire, attraverso Mediaset e Telecinco, di creare un nucleo credibile della Netflix latina così cara a Bolloré. Intanto, le tante trappole sul fronte italiano, combinate col pressing per lo scorporo della rete (e/o il conseguente ingresso di Cdp e di Enel) rischiano di insidiare la leadership assoluta di Vivendi in Telecom.

 

Infine si è aggiunto il raffreddamento del clima tra Roma e Parigi che di sicuro non favorisce il finanziere, che può vantare rapporti eccellenti con il presidente Emmanuel Macron. E’ in questa cornice che va letto l’ultimo affondo al Cav. di Bolloré, bucaniere più abile negli arrembaggi che nella diplomazia. La sensazione è che il marinaio, sotto assedio, si prepari a sparigliare i giochi. In questo senso l’uomo chiave può essere Genish: non solo per la sua incontestata competenza nel business della convergenza tra tlc e media, che gli ha permesso di vincere sfide al limite dell’impossibile in Brasile, superando ostacoli tecnici e regolamentari. Ma anche perché è l’uomo giusto per vendere al miglior prezzo Tim Brasil, argomento di cui non si potrà occupare fino a ottobre, quando scadrà il patto firmato con Telefonica al momento dell’uscita da Gvt. E’ allora, allo scoccare dell’autunno, che la partita entrerà nel vivo. Tim potrebbe cedere il Brasile (magari ad At&t) per giocare, liberata da debiti, una partita europea con più attori. Non solo francesi. Nel frattempo, gli oneri (più che gli onori) toccano al triumvirato (De Puyfontaine-Genish-Recchi) cui è delegato il compito di completare la vendemmia di Cattaneo. Ma i triumvirati, si sa, sono destinati a durare poco.

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