Il divieto del Regno Unito a diesel e benzina che non piace a nessuno

Maria Carla Sicilia

Un'altra "data di scadenza" alle auto tradizionali, questa volta fissata al 2040. Ma il provvedimento non convince né gli ambientalisti né l'opposizione e potrebbe danneggiare l'industria automotive 

Sulle orme di Francia, Olanda e Norvegia, anche il Regno Unito si appresta ad annunciare il divieto di vendere auto e furgoni diesel e benzina dal 2040. Il segretario per l'ambiente, Michael Gove, dovrebbe rendere noto il più ampio piano di cui la misura fa parte entro la fine del mese di luglio, data stabilita dai giudici dopo una lunga battaglia legale che ha obbligato il governo a studiare provvedimenti più stringenti contro l'inquinamento dell'aria. La questione è saltata alle cronache dopo uno studio pubblicato da Royal College of Physicians lo scorso anno, che denunciava la morte precoce di 40mila persone all'anno a causa degli elevati livelli di inquinamento nell'aria. Un numero impressionante, ma non corrispondente alle morti reali, come ha fatto notare la Bbc, perché risulta impossibile contare i decessi per inquinamento atmosferico dal momento che sui certificati di morte non compare questa motivazione.

  

  

Il piano, secondo le anticipazioni della stampa inglese, sarebbe interamente dedicato ai trasporti senza tenere in considerazione le emissioni derivanti da altri settori come l'edilizia, l'agricoltura e quelle delle caldaie a gas. Per questo vietare la vendita di auto diesel e benzina, secondo molti osservatori, è un provvedimento che nasconde la mancanza di una visione complessiva della questione. Ma con delle conseguenze e dei costi probabilmente sottovalutati.

  

Le misure stravolgeranno le abitudini degli automobilisti inglesi, se si pensa che le vetture sia elettriche che ibride vendute nel 2016 sono solo il 3,3 per cento del parco, mentre il resto è diesel e benzina. E saranno anche costose, visto che per realizzarle il governo ha messo in conto di spendere 3 miliardi tra colonnine di ricarica elettrica, investimenti per il rinnovo delle flotte pubbliche, adeguamento di strade per le biciclette e modifiche alla viabilità. Nessun riferimento, per il momento, agli incentivi all'acquisto, una misura che potrebbe rivelarsi costosa ma senza la quale non è attualmente pensabile un'inversione nelle vendite di auto elettriche, dati i prezzi attuali.

  

  

  

Secondo Mike Hawes, direttore generale l'Associazione Costruttori Inglesi Smmt, un divieto totale nel Regno Unito potrebbe minare il settore automobilistico, che sostiene più di 800.000 posti di lavoro in tutto il paese, a meno che le vendite fin ora raggiunte non si convertano in acquisti di auto elettriche grazie a sostanziosi incentivi. Il conto potrebbe essere salato, se si pensa che oltre alle auto andrebbero sostenute le colonnine di ricarica, e secondo Erik Fairbairn, amministratore delegato della società PodPoint, ne servirebbero 45 milioni. D'altra parte in questi primi sei mesi dell'anno il mercato automobilistico inglese non si è mostrato in buona salute, visto il calo delle vendite, anche a causa di una recente tassa applicata sui veicoli in base alla Co2 emessa. 

    
Eppure, secondo i gruppi ambientalisti, il piano non sarebbe sufficientemente efficace perché non scoraggia abbastanza l'uso delle auto con motore endotermico. Il modello a cui guardano i green è la recente “T-charge” di Londra, dove circa 10mila auto – tante sono quelle che rientrano nel provvedimento – devono pagare 10 sterline al giorno per circolare in determinate aree. Il governo vorrebbe usare questa misura come ultima spiaggia, ma i movimenti ambientalisti la richiedono a gran voce ritenendola indispensabile perché il piano funzioni. Per i Labour il provvedimento non sarebbe altro che "fumo negli occhi", come ha scritto su Twitter Ed Miliband, mentre Jenny Randerson, portavoce del trasporto del Liberal Democrat, ha accusato i ministri della May di "tradimento", chiedendo che tutte le vendite di diesel nuove finiscano entro il 2025. Sembra invece non preoccupare gli ambientalisti il fatto che solo il 25 per cento dell'energia che si utilizzerà per ricaricare i veicoli elettrici proviene da fonti rinnovabili, stando ai numeri attuali, contro il 30 per cento di quella prodotta con il gas, il 22 per cento dal carbone e il 21 per cento dal nucleare. 

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