Telecom Sparkle, un'altra battaglia franco-italiana in Sicilia
Come in passato, il conflitto si accompagna al confronto sulla riva meridionale del Mediterraneo. È quel che è capitato nel 1881
Milano. “Applicheremo con intransigenza le norme sulla golden share”, tuona il ministro Carlo Calenda scagliando i suoi fulmini verso Vivendi, prima vittima, secondo la comunità finanziaria, della battaglia navale in atto tra Parigi e l’Italia, innescata dall’affare Stx-Fincantieri. A favorire questa tesi contribuiscono le dichiarazioni di Pier Carlo Padoan, intervistato dal Sole 24 Ore. Il problema, sostiene il ministro dell’Economia, non è costituito dagli investimenti stranieri in Italia, che possono aiutare la crescita e l’occupazione. Ma, al contrario, dalla scarsità degli investimenti italiani. “Vorrei vedere più Italia nel mondo – dichiara il ministro – quando le nostre aziende vanno a fare investimenti all’estero, ci aspettiamo parità di trattamento”. Insomma, per una strana ironia del destino, il “marinaio” Vincent Bolloré, figlio di una ultracentenaria dinastia del mare, rischia di pagare il blitz del suo amico presidente Emmanuel Macron, sui cantieri. Ovvero, una volta trovata un’intesa con “gli amici italiani” (il leit-motiv delle dichiarazioni del ministro francese Bruno Le Maire) sul fronte dell’industria navale. Magari con la creazione di un’Airbus dei mari, i rapporti tra Palazzo Chigi e Vivendi torneranno al bello stabile. O forse no, a giudicare di punti di contrasto che si sono accumulati in questi mesi, fino alla mancata notifica al governo da parte di Vivendi dell’avvio dell’attività di direzione e di coordinamento in Telecom di cui ha preso atto il cda dello scorso 27 luglio. Quello che, ratificando il controllo di Vivendi sull’ex monopolista, ha indirettamente sancito il controllo dell’azionista francese (al 24 per cento in Telecom) su Sparkle, la controllata che gestisce la rete di cavi sottomarini considerata di alta rilevanza geopolitica vuoi per la difesa che per la sicurezza delle comunicazioni – due punti previsti dalla legge sulla golden share.
Come in passato, il conflitto si accompagna al confronto sulla riva meridionale del Mediterraneo. E’ quel che è capitato nel 1881 quando un blitz francese su Tunisi frustrò le speranze coloniali dell’Italia post-risorgimentale. Cominciò così un confronto culminato nella guerra doganale: all’aumento delle tariffe francesi, Francesco Crispi reagì innalzando del 50 per cento le tariffe sulle merci francesi. Quasi un suicidio economico, visto che all’epoca la Francia assorbiva il 41 per cento delle esportazioni italiane (percentuale scesa al 18 per cento dopo l’embargo). Ritorsione pagata a caro prezzo dai produttori di vino del Mezzogiorno. Meno drammatico ma altrettanto cruento lo scontro tra i produttori siciliani e i vignaioli nel Midi negli anni Settanta del secolo scorso, quando le “vinaccere” in arrivo da Trapani venivano bloccati nei porti di Sète o La Ciotat dai coltivatori colpiti dalla concorrenza siciliana. Oggi, ai tempi di Internet, la competizione continua: in palio non ci sono i mosti per alzare la gradazione alcolica dei vins du Pays, ma l’informazione che corre sui cavi. Quelli di Sparkle, che controlla il Sicily hub, ovvero il cuore di Internet per mezzo pianeta, visto che di qui transitano i dati del traffico generato in Africa, medio oriente e Asia. Ma anche quelli di un altro Internet Exchange point d’accelleza, quello di Marsiglia, il competitor diretto dello hub siciliano. Il valore di questo business è stimato nella bellezza di 142 miliardi di dollari, un jackpot per ora al 90 per cento in mani francesi. Ma con le nuove reti siciliane entro un paio d’anni una buona metà del business potrebbe migrare verso il sottosuolo siciliano grazie ai nuovi approdi dei cavi sulle coste siciliane e alla realizzazione di un data center a Catania: sotto l’Etna si concentrerà il flusso dei cavi dopo il loro approdo e l’attraversamento dell’isola. Una miniera che smisterà informazioni di ogni genere: dalle stazioni di Palermo, Mazara, Trapani e Catania partiranno 16 cavi verso l’Atlantico, direzione Stati Uniti, Malta, mediterraneo orientale e di lì verso oriente. E l’Africa, primo ingresso in Tunisia e in Libia, nuova/vecchia occasione di scontro tra gli “amici italiani” e quelli francesi.
tra debito e crescita