C'è un grande assente nell'estate del nostro contento. Si chiama Casa
Sarà la vivacità interna dell'economia a dover trainare il mercato immobiliare. Parlano Monducci (Istat) e Dondi (Nomisma)
Roma. A dieci anni dall’innesco della crisi finanziaria, l’economia italiana per la prima volta manifesta una vivacità propria e non più legata solo a influenze esterne. La doppia recessione alle spalle ha selezionato le imprese più solide. Nel 2017 la produzione industriale cresce da cinque mesi consecutivi. A giugno l’Italia ha fatto meglio (più 1,1) di Germania (meno 1,1) e Francia (meno 1,1). Nel secondo trimestre i comparti tipici del manifatturiero avevano segno positivo (farmaceutico, petrolifero, mezzi di trasporto in testa) contestualmente a un aumento delle esportazioni e del fatturato. Nel settore dei servizi, preponderante ma finora piatto, l’Istat rileva il ritorno di una timida propensione a cercare personale. Nell’estate del nostro contento mancano all’appello i settori dell’edilizia e chiari segnali di miglioramento del mercato immobiliare che prima della crisi erano tra campioni per produzione di reddito nazionale e ora vanno a rimorchio. “Per il settore delle costruzioni, che ha perso molta capacità produttiva e mantiene un gap notevole rispetto ai livelli pre-crisi, il rafforzamento della fase ciclica espansiva trainata dalla domanda interna – caratterizzata da un significativo incremento del potere d’acquisto delle famiglie e da un’accelerazione degli investimenti – potrebbe rappresentare un importante fattore di traino verso un percorso di crescita più stabile e intenso”, dice Roberto Monducci, direttore del dipartimento per la produzione statistica di Istat. L’edilizia, che ha perso oltre 100 mila imprese, non aggrada i palati sottili da “km zero” o gli economisti Ocse che considerano il settore meno “amico della crescita” di altri, ma può dare una chance a industria di base e siderurgia che lo alimentano. A differenza delle altre industrie che hanno dato fondo al magazzino, la sovrapproduzione pre-crisi non è stata smaltita e le nuove costruzioni sono tuttora calanti (meno 0,3 gennaio-maggio rispetto al 2016). Solo ultimamente sono riprese le richieste di permessi per nuova edilizia residenziale, diminuiscono invece quelle per fabbricati. Gli investimenti immobiliari, pur in aumento dopo un calo durato nove anni, sono ancora del 25 per cento inferiori al 2007. “Ci troviamo a fare i conti con un lento assorbimento”, dice Luca Dondi di Nomisma. Nonostante un aumento robusto sia della domanda per acquisto di case sia delle transazioni immobiliari, in ripresa da quattro anni dopo un tracollo nei precedenti otto, non c’è un’attività produttiva analoga. L’incremento senza precedenti della tassazione locale sulla proprietà dal 2012 – con un gettito di 20-21 miliardi solo dall’imposta municipale sulla prima casa – costituisce un disincentivo alla ripartenza. La tassazione alta convince chi ha la possibilità di comprare casa a preferire altri investimenti in uno scenario in cui il “mattone” non è più il bene rifugio per eccellenza degli italiani. I giovani, il cui reddito è ben più depresso di quello dei genitori, scelgono l’affitto. I proprietari di case, scriveva Giorgio Spaziani Testa di Confedilizia sul Sole 24 Ore, sono restii a spendere in ristrutturazioni perché già soffrono l’imposizione patrimoniale. La mancata riqualificazione contribuisce a mantenere depressi i valori immobiliari che – contrariamente al dato storico – non seguono la ripresa delle compravendite e della domanda. Con le riqualificazioni il patrimonio residenziale, che per il 60 per cento circa ha almeno 40 anni d’età, sarebbe rivalutato di 20 miliardi di euro, dice uno studio Cresme e Symbola. I prezzi bassi hanno spinto più famiglie ad acquistare una casa o a pensare di farlo chiedendo un mutuo, pur a condizioni più severe di prima, ma è segno di una svalutazione surrettizia del patrimonio complessivo. Standard & Poor’s dice che le quotazioni degli immobili risaliranno nei prossimi due anni tra lo 0,5 e l’1 per cento. Ma resta un’incognita l’effetto dell’inondazione di almeno 357 mila immobili, derivanti da mutui o finanziamenti in sofferenza, una fetta dei famigerati non performing loans, che verranno messi all’asta a prezzi inferiori, anche la metà, rispetto al valore originario. (a.bram.)