Mercati agitati
Bene il balzo del pil, ma ora serve rilanciare il sistema competitivo nazionale
Al direttore - Inaspettatamente ci siamo ritrovati con il pil in rialzo all’1,5 per cento, ed è stato un grande sollievo per gli italiani, preoccupati da un decennio di pessimi risultati, che progressivamente ci ha portati a indietreggiare su tutti i fattori del nostro quadro economico. Sì, qualche segnale verde si è acceso, dopo tanti rossi, che ci pongono ancora tra gli ultimi paesi Ocse, che meno ha recuperato il terreno perso nei terribili dieci anni passati. Ma i lampi positivi di questi giorni non si sono manifestati grazie ai provvedimenti-spot adottati negli ultimi anni: tanta spesa pubblica, tramutata presto in più debito e poca resa in occupati. Ciò che ha smosso le acque è stata la congiuntura favorevole internazionale: paesi che hanno ripreso vigore dopo un periodo di stallo, e che hanno arricchito la domanda. E’ il Made in Italy di qualità che va a gonfie vele; apprezzato come sempre principalmente dagli Stati Uniti, dalla Cina, dalla Federazione russa, dal Brasile.
Il nostro mercato interno invece continua a boccheggiare, come monito delle persistenti difficoltà domestiche. Nei mercati globali, sono richiesti principalmente gli alimentari, la moda, la meccanica di precisione e le auto italiane che contrariamente ai dubbi interessati di petulanti commentatori politici ed economici, stanno registrando un clamoroso boom di vendite. Questi eventi, fanno la differenza non solo per la domanda rafforzata proveniente dai mercati internazionali, ma perché questi prodotti sono tanto amati dai consumatori, disposti a pagare il costo alto dell’euro pur di averli. Come si vede lo svantaggio per la moneta ad alta valutazione come l’euro, riguarda solo i prodotti non competitivi. Per questa ragione solo le imprese di qualità, fanno festa per i lautissimi guadagni, al contrario di altre che producendo prodotti maturi, vengono scalzati dalla concorrenza di paesi ultimi arrivati alla industrializzazione, in grado di offrire prezzi molto più bassi di quelli offerti da chi non sa innovare. Questi ultimi sono il nostro tallone di Achille ed è vano aiutarli e finanziarli per produrre le stesse cose che fanno oggi. Ancora una volta, gli imprenditori italiani, come è accaduto in altre situazioni di crisi, hanno saputo tirare fuori – pressoché in solitudine – determinazione e genialità, strappando con unghie e denti porzioni importanti di domanda di prodotti di qualità. Il turismo poi, ha soffiato forte sulle vele italiche, ed ha accresciuto sensibilmente il pil, per la sola ragione che i turisti hanno paura di recarsi in tanti altri paesi percepiti, non più sicuri a ragione di un terrorismo sempre più temibile ed incalzante.
Anche in questo caso non è tanto l’offerta di pacchetti turistici interessanti a favorirci, quanto le disgrazie altrui. I nostri paesaggi e monumenti sono in assoluto i più interessanti del mondo: la organizzazione della loro fruibilità; la accoglienza alberghiera; i sistemi di trasporto; i servizi comuni; sono molto lontani al livello della loro bellezza. Alla fine siamo pur patria di patrimoni inestimabili, lasciti di antenati millenari, di culture, di geni, di esperienze primarie nel mondo. Campiamo ancora di questi “vantaggi competitivi” che si esprimono concretamente nel Made in Italy come nel turismo. Se le cose stanno così, il governo nell’annunciare l’ennesimo pacchetto di incentivi per le assunzioni dei giovani, si spera che programmi i vantaggi, con un provvedimento che duri nel tempo, per risultare capaci di suscitare programmazione utile alle assunzioni delle imprese. Ma mettiamo in guardia rispetto alle eventuali misure annunciate: andranno a sovrapporsi a quelli del Jobs act, che poi in definitiva non hanno dato tutti quei posti di lavoro annunciati. Giocoforza la misura tanto celebrata da Renzi, verrà cannibalizzata; sicuramente si licenzieranno quelli assunti con quel vecchio provvedimento, per riassumerli a condizioni più vantaggiose e nuove. Insomma, chi governa, dedichi davvero ogni giorno al miglioramento del sistema competitivo nazionale, cosi aiutando le produzioni dei beni e dei servizi. L’elenco è davvero lungo delle cose che mancano, e non viene certamente accorciato né da benvenute e fortuite congiunture economiche internazionali, né da incentivi per le assunzioni scollegati da fattori di svantaggio fuori controllo. Stiamo infatti ancora aspettando un piano davvero capace di sciogliere tutti i nodi che strangolano le nostre produzioni e servizi. Questo sì che deve essere in cima ai progetti nazionali. Non dobbiamo mai dimenticare che, tra tutte le difficoltà, siamo nei primi posti al mondo tra i paesi produttori. Ci siamo e si spera che ci sia volontà di rimanerci.