Le pensioni non sono un diritto di cittadinanza
Possiamo anche tuonare contro la legge Fornero, ma quando le risorse sono scarse o limitate un governo che si rispetti deve fare i conti con questo fatto
Al direttore - Susanna Camusso: “Sulle aspettative di vita il governo è reticente”. Ha ragione, ma non nel senso a cui pensa la segretaria della Cgil. Infatti, il presidente del Consiglio (non solo il ministro del Lavoro) dovrebbe dire con chiarezza che l'aggancio dell'età di pensionamento alla speranza di vita non si può toccare, pena un aumento della spesa non sostenibile. E dovrebbe anche ricordare ai sindacati che fra le istituzioni del welfare le pensioni non vanno considerate un diritto di cittadinanza. Si tratta in realtà di previdenza obbligatoria e quindi di risparmio forzoso, anche se i sistemi pubblici possono implicare una redistribuzione di risorse che va oltre quella tipica dei meccanismi assicurativi. In linea di principio, come suddividere il reddito personale tra consumi e risparmio è una decisione che spetta alla responsabilità di ciascun individuo. Ma poiché l’esperienza dimostra che questa è difettosa, lo Stato costringe i cittadini a premunirsi di fronte ai bisogni e ai rischi che si manifestano nel corso dell’esistenza, anche per evitare che il loro costo ricada sulla collettività. Il caso delle pensioni è il più clamoroso, ma non è l’unico: lo Stato rende obbligatorie, ad esempio, anche l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e quella per i sinistri automobilistici (la stessa logica vale per le vaccinazioni, ma vaglielo a spiegare a Carletto Sibilia). I diritti sociali, insomma, tanto più nella loro espressione monetaria, sono sempre delle “conditional opportunities”. Significa che la loro esigibilità dipende costantemente, in misura che non ha confronto con i diritti civili e politici, dalle risorse create dal mercato e dal gioco dei rapporti di forza che emergono conflittualmente nella società. Possiamo anche tuonare contro la legge Fornero, ma quando le risorse sono scarse o limitate un governo che si rispetti deve fare i conti con questo fatto. E i fatti, si sa, hanno la testa dura.
Michele Magno
tra debito e crescita