Richard Thaler

Tutti vogliono un pezzo di Thaler, sa dare senso anche alle fissazioni

Paola Peduzzi

Da Obama a Cameron, il “nudge” ha ispirato molti. I liberisti han i capelli dritti, ma la quotidianità spesso vince sulla teoria

Milano. Le persone sono umane, trattarle come esseri perfettamente razionali non fa un favore a loro, né alle nostre economie. Questo è il presupposto del pensiero e del lavoro di Richard Thaler, premiato lunedì con il Nobel per l’Economia, economista comportamentalista che secondo il suo amico e collega Cass Sunstein – insieme hanno scritto il libro più noto anche in Italia, “Nudge”, la spinta gentile – è “il Charles Dickens dell’economia, perché ha il senso delle fissazioni umane” e ha “rivoluzionato il modo in cui gli economisti pensano alle persone”. In realtà gli esseri umani con le loro debolezze e le loro aspirazioni sono a lungo stati al centro degli studi degli economisti: non si potrebbe comprendere del tutto “La ricchezza delle nazioni” di Adam Smith senza leggere il saggio che lo ha preceduto, “Teoria dei sentimenti morali”, che ha il cuore delle persone al suo centro. Allo stesso modo, John Maynard Keynes ha teorizzato gli “animal spirits” e il “beauty contest”, elementi di irrazionalità che cambiano i mercati finanziari, perché non sempre ci si comporta semplicemente per massimizzare il proprio profitto, si è condizionati dalla paura, dall’avidità, da quel che pensano gli altri. Ma stiamo parlando di decenni fa, poi le persone sono uscite dai modelli economici, non in modo del tutto consapevole: Paul Samuelson, che ha iniziato la rivoluzione matematica della teoria economica, non voleva escludere il fattore umano, ma, come ha detto lo stesso Thaler, “il modo più facile per elaborare modelli economici è mettere come ipotesi che le scelte sono razionali”. In “Misbehaving”, il libro che Thaler ha scritto nel 2015 e che racconta come si è sviluppata la teoria comportamentalista (è di fatto un memoir, ma il suo editore gli disse: non chiamarlo memoir, per nessuna ragione al mondo, “ nessuno vuole leggere la storia di un tizio sconosciuto che si occupa di una materia sconosciuta”), c’è una lunga critica a quelli che il premio Nobel chiama “Econs”, che sono di fatto le persone dei modelli razionali della teoria economica: gli esseri umani normali, nella quotidianità, “misbehave”, appunto, si comportano male. Che poi “male” è relativo: se non lasci la mancia in un ristorante in cui non tornerai mai più, ti comporti male, perché il comportamento considerato corretto è comunque quello di lasciare la mancia. Però forse fai bene. Il confine di quel che è giusto o sbagliato dipende molto dal fattore umano, ed è per questo che gli psicologi ridono della teoria economica razionale e i razionalisti ridono degli psicologi: in mezzo c’è Thaler, che è un tipo che ride molto di suo (spenderò i soldi del Nobel nel “modo più irrazionale possibile”, ha detto come primo commento al Nobel) e che ha preso la psicologia, l’ha applicata ai modelli economici, e viceversa: dove sa il suo cuore è presto detto, visto che sostiene che per la maggior parte gli economisti sono fisici o matematici falliti.

 

L’Accademia che ha conferito il Nobel ha spiegato che Thaler “ha dato una nuova visione su come la psicologia umana modella i processi decisionali”, e questa è anche la ragione per cui il cosiddetto “modello Thaler” è stato studiato, sviscerato, sposato da molti governi in giro per il mondo. E’ intuitivo, concreto, di buon senso: perfetto per dei leader che devono comprendere i comportamenti dei loro cittadini-elettori e indirizzarli verso quel che considerano giusto – forma moderna di paternalismo economico, condita con un pragmatismo a tratti invincibile, che non può che far drizzare i capelli in testa ai liberisti. I politici e gli economisti sbagliano a considerare le persone come supercomputer efficienti, dice Thaler, semmai sono più come “vecchi Mac con processori lenti che si inceppano di continuo”: per questo bisogna indirizzarli perché mangino in modo più sano, perché imparino a risparmiare, perché insomma facciano quel che dovrebbero fare.

 

Il primo a ispirarsi al comportamentalismo è stato Barack Obama, e per lui fu facile: Cass Sunstein era suo amico da anni, andò a lavorare alla Casa Bianca come zar delle regolamentazioni, aspirava a incarichi ben più prestigiosi che non ha ottenuto, ma nel frattempo ha contribuito a formare la mente dell’Amministrazione Obama a cominciare dall’ex capo degli Economisti della Casa Bianca Austan Goolsbee – e “Nudge” è stato il libro più letto e citato di quei primi anni obamiani (Thaler aveva incontrato Obama per la prima volta alla convention dei democratici del 2004, “allora Obama era solo un politico con un nome divertente – ha detto Thaler – ma per la prima volta decisi che era uno cui consegnare un assegno in bianco”). David Cameron, ex premier britannico, ha iniziato a studiare la questione quando ancora non era al governo, e una volta che ci è arrivato ha creato una “Nudge Unit”, che inizialmente aveva tre obiettivi: come rendere socialmente inaccettabile per i giovani il fatto di girare con un coltello; come agevolare la raccolta indifferenziata dei rifiuti; come disincentivare gli eccessi di cibo e alcool. I cameroniani impazzirono per Thaler, sintesi perfetta del pragmatismo liberale dell’ex premier, austero nei conti ma impegnato nella mai abbastanza compresa “Big Society”. Oggi la “Nudge Unit” è diventata un gruppo di lavoro che opera in molti paesi, partecipata dal governo ma con persone e fondi privati, anche se non è più al centro dei pensieri del governo – prima del referendum sulla Brexit Thaler lo definì “un matrimonio senza accordo pre nozze”, e intuiva che molti non avrebbero votato secondo razionalità.

 

C’è chi vede del cinismo in questo paternalismo ammantato di gentilezza: c’è molto di intrusivo in uno stato che vuole dirti come comportarti e che cosa è un “buon” comportamento. Ma la quotidianità vince sulle teorie, e Thaler è insuperabile quando dice che gli elettori non sono affatto come Spock di Star Trek, sono più degli Homer Simpson, goffi e pieni di tentazioni. Non bisogna dare milioni di informazioni, ma soltanto quelle utili: “Chi è che legge tutte le descrizioni degli ingredienti dei cibi? Perché uno non può semplicemente dire: mi dia il pacchetto di patatine che ha meno chances di uccidermi?”. Comunque lo si mangerà tutto in una volta, la razionalità è sopravvalutata, siamo tutti un po’ Homer.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi