Le spintarelle di Francoforte
Draghi difende il ruolo del Qe nell’incoraggiare le riforme, come il Jobs Act
Durante una conferenza sulle riforme strutturali tenuta a Francoforte, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha parlato di quella che definisce una “questione controversa” di questi anni. E cioè l’interazione tra riforme dei governi e la politica monetaria della Bce. “Si dice spesso che la politica monetaria (espansiva, ndr) scoraggi le riforme perché toglie pressione ai governi affinché reagiscano durante tempi difficili”. Ma secondo la Bce, sostiene Draghi, non ci sono prove convincenti a indicare che alti tassi di interesse stimolino le riforme. “Infatti è più probabile che sia vero il contrario: tassi bassi tendono a promuovere le riforme, giacché creano un migliore clima macroeconomico, e questo è particolarmente vero per paesi che non hanno spazio fiscale”. Draghi ha citato come esempio di riforma strutturale che è stata favorita da una politica monetaria accomodante, oltre alle riforme del lavoro in Portogallo e Spagna, anche il Jobs Act del governo Renzi che, attraverso incentivi alle assunzioni, ha comportato “un incremento di quasi mezzo milione di occupati, in ampia misura grazie alle agevolazioni per le imprese che assumevano persone con i nuovi contratti a tempo indeterminato”. Sono riforme che hanno reso il mercato del lavoro più reattivo e tenerne conto dà la possibilità a Draghi di confutare le critiche che arrivano dalla Germania verso la politica accomodante della Bce, accompagnate dalle richieste di accelerare il processo di ritiro del Quantitative easing. Intanto la Corte costituzionale tedesca ha rigettato i ricorsi d’urgenza presentati da due ex politici dell’AfD contro il Qe. Fattori questi ultimi che danno altri argomenti di riflessione al Consiglio direttivo Bce che discuterà se, come e quando cominciare a ritirare gradualmente gli acquisti di titoli pubblici e societari, rimodulandoli, nella riunione in programma giovedì prossimo.