Giuseppe Vegas (foto LaPresse)

Poker tra vigilanti

Alberto Brambilla

Temprata dal match contro Bankitalia, Consob cerca leader. Conta il mix di competenze, tra diritto e mercato

Roma. Mentre il Wall Street Journal dice che “è tempo di cancellare le banche italiane dalla lista delle preoccupazioni globali”, il credito resta il principale motivo di scontro politico-istituzionale. Ieri nel secondo round di un duello inedito davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle crisi bancarie, la Consob ha accusato puntualmente Banca d’Italia di avere omesso di comunicare per anni criticità dannose per gli azionisti in Veneto Banca e Popolare di Vicenza, soccorse da Intesa Sanpaolo con aiuti pubblici quest’anno. Se Banca d’Italia è uscita indebolita dopo il recente rinnovo, tra le polemiche, del governatore Ignazio Visco, la Consob pare invece ringalluzzita dal match (quando storicamente subisce la dominanza di Palazzo Koch).

 

Il presidente Giuseppe Vegas (il cui bilancio pochi osservatori considerano positivo) non ha subìto attacchi personali mentre s’avvia a concludere il suo mandato settennale il 15 dicembre. Starà al suo successore – una prorogatio non è prevista – ristabilire e garantire affidabilità agli occhi del mercato. L’atteggiamento cangiante nell’interpretare le norme da parte di Consob, prima lasco e poi rigido, un po’ per la sopraggiunta Vigilanza della Banca centrale europea un po’ per l’influenza politica del momento, ha alimentato il senso di incertezza delle banche internazionali, perciò refrattarie a stabilirsi a Milano dopo la Brexit. Allo stesso modo gli operatori della finanza tecnologica, fiorenti a Londra, hanno ostacoli a scendere sulla piazza italiana dove non possono promuovere (“pre-marketing”) le piattaforme digitali prima di avere sede fisica. “Ci vorrebbe una persona responsabile di mercati e non solo esperta di procedure amministrative come è stato in passato”, dice un ex commissario. Lo stesso Vegas l’8 maggio scorso dalla sede storica della Borsa, Palazzo Mezzanotte, disse che “in Consob ci sarà bisogno di più ingegneri e meno avvocati”.

 

L’uso del plurale è significativo. Consob è un organismo collegiale e al momento è composto, oltre a Vegas, da quattro commissari. Tre sono giuristi. Anna Genovese (docente di diritto sulla cui nomina influì nel 2014 il sottosegretario Maria Elena Boschi), Giuseppe Maria Berruti (magistrato, ex membro del Csm), e Paolo Troiano (magistrato) il cui mandato è però scaduto il 3 novembre. Secondo alcune fonti, c’è l’intenzione di nominare un sostituto (si fa il nome del direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via). Il quarto commissario è invece l’economista Carmine di Noia, esperto di governance societaria, ex presidente della Associazione fra le società italiane per azioni. Sulla scelta del presidente e del nuovo commissario influirà l’intenzione del governo, che propone, e del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nomina, di volere incidere sul mix di competenze. I nomi che circolano per il dopo Vegas, rispondono a una nomina politica, interna ed esterna.

 

La scelta governativo-quirinalizia potrebbe essere Roberto Garofoli, grand commis che ha superato varie ere politiche. E’ capo di gabinetto del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, già capo dell’Ufficio legislativo del ministero degli Esteri con Massimo D’Alema e già segretario generale a Palazzo Chigi con Enrico Letta. Più delle simpatie politiche (Renzi ha altri nomi in testa) a contare potrebbe essere l’opportunità di aggiungere competenze giuridiche a Consob dato che Garofoli è magistrato (a Trani e Taranto s’è occupato di processi per mafia) ed è presidente di sezione del Consiglio di stato, nominato da Mattarella a marzo. Se si verificasse uno stallo è possibile la soluzione interna.

 

In tal caso Di Noia, quotato nel Pd, risponde ai criteri curricolari indicati da Vegas più della prof. Genovese, vicina a Boschi, con forte impronta renziana. L’opzione della scelta esterna a Consob interessa Mario Nava, alto funzionario della Commissione europea con esperienza ventennale a Bruxelles. Classe 1966, milanese, laureato in Economia in Bocconi, PhD in Finanza alla London school of Economics, parla cinque lingue (inglese, tedesco, francese, spagnolo e russo). Negli anni 90 è stato consigliere di Prodi da commissario europeo e membro del gabinetto di Monti da commissario alla Concorrenza. E’ ai vertici del direttorato per la Stabilità finanziaria, i servizi finanziari e l’Unione dei mercati di capitale dal quale passano le direttive più recenti sia per banche (bail-in) sia per la disciplina del mercato (Mifid) ed è stato responsabile per i negoziati al Comitato di Basilea, organo transazionale per la vigilanza bancaria. Per la Consob si preferirà scegliere dal pur ricco bacino interno o guardare all’estero?

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.