Inchiesta sulle banche: così sono cambiati gli obiettivi dei protagonisti. Tranne che per il M5s
Renzi voleva mettere sotto accusa Banca d'Italia, ma non riesce a liberarsi né di Visco né delle contestazioni di piazza. Casini sembrava un mediatore ma ha ceduto alla propaganda. Brunetta voleva indagare il golpe del 2011 ma il Cav. lo ha fermato
Roma. Mentre la commissione parlamentare d’inchiesta sulle crisi bancarie oggi affronta genesi e decorso di quella del Monte dei Paschi di Siena sembra che la maggiore parte dei protagonisti del processo politico alle banche stia modificando i propri obiettivi politici. Il segretario del Partito democratico, Matteo Renzi, conservava l’obiettivo di mettere in evidenza le inefficienze degli organismi di vigilanza – di Banca d’Italia in particolare – per indirizzare l’attenzione dell’opinione pubblica verso Palazzo Koch e distoglierla da se stesso dato che i media non perdevano occasione di ricordare i legami renziani con Banca Etruria. Ora Banca d’Italia è sì al centro delle critiche, ma Renzi non ha ottenuto né un cambio al vertice dell’Istituto – Ignazio Visco è stato rinnovato per sei anni – né ha per ora modificato in profondità l’umore dell’elettorato. Proprio per via dell’inchiesta parlamentare, le banche sono argomento di un martellante dibattito mediatico. In alcune fermate del suo tour elettorale dell’Italia in treno Renzi viene contestato da gruppi di risparmiatori organizzati.
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All’insediamento della commissione, il senatore centrista Pier Ferdinando Casini, nominato presidente, sembrava avere assunto la posizione di mediatore per evitare che l’indagine scadesse in “demagogia e propaganda”. Il giorno dopo che il Pd aveva approvato una mozione alla Camera contraria al rinnovo di Visco, Casini coi vice presidenti, Mauro Maria Marino e Renato Brunetta, aveva incontrato il governatore che ha dato l’elenco dei documenti chiesti dalla commissione. Casini, il quale è socio della Fondazione Cassa di risparmio di Bologna, azionista di Intesa Sanpaolo, sembrava garantire un trattamento fair alle istituzioni bancarie. Se questo era il suo obiettivo iniziale, sta sfuggendo di mano. In un’intervista alla Stampa ha detto che “fare luce comporta chiarimenti spiacevoli, ma non possiamo nemmeno recitare la parte di Alice nel paese delle meraviglie. Scaricarne la colpa sulla commissione d’inchiesta sarebbe troppo facile e comodo per tutti” e “migliaia di italiani hanno visto sfumare i loro risparmi non sempre per effetto delle normali dinamiche di mercato”, ha detto riferendosi alla vendita di azioni a prezzo gonfiato di Veneto Banca e Popolare di Vicenza su cui Banca d’Italia e Consob non si scambiavano informazioni, o lo facevano con ritardo di anni. Casini sta modificando la retorica.
Il professor Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia, vice presidente della commissione, ha inviato una lettera a Casini, chiedendo di fare strabordare l’indagine bancaria sulla crisi del debito del 2011, dello spread, con le ricadute politiche che determinarono le dimissioni di Silvio Berlusconi e l’arrivo di Mario Monti. Brunetta vorrebbe approfondire la tesi esposta nel suo libro “Berlusconi deve cadere. Cronaca di un complotto” con il risultato di coinvolgere Mario Draghi che da governatore di Banca d’Italia uscente firmò col suo predecessore in Bce, Jean-Claude Trichet, una lettera con la road map di riforme per l’Italia post Berlusconi. Ma è stato Berlusconi stesso a spegnere l’ambizione di Brunetta con un’intervista a Qn in cui ha difeso Draghi. “Coinvolgere Draghi – ha detto – è davvero da irresponsabili. E’ l’uomo che con le sue politiche ha contribuito a stabilizzare l’economia italiana e probabilmente ha salvato l’euro in questi anni”. “Vedo – ha detto – un tentativo di usare la questione banche a scopi elettorali, da diverse parti. Non è così che si dovrebbe trattare un tema così delicato […] non serve a capire chi sono i veri responsabili, né a punirli”. Chi ha conservato l’obiettivo iniziale di sollevare un polverone, attaccare a testa bassa banche, autorità e banchieri è invece il M5s. E a quattro-cinque mesi dalle elezioni, altri partiti sembrano aiutarli.
tra debito e crescita