Sciopero dei lavoratori del magazzino Amazon di Castel San Giovanni nel giorno del Black Friday (foto LaPresse)

Amazon, venerdì neri

Giuliano Cazzola

Lo sciopero nei magazzini dell'azienda non è come quello dell’Atac, ma è una nuova pagina delle relazioni industriali

Si allarga lo sciopero dei dipendenti Amazon alla faccia del Black Friday. Anzi, i media non si sarebbero accorti di questa vertenza se non avesse creato, qua e là, qualche problema nella giornata degli acquisti scontati, che sembra essersi iscritta surrettiziamente nell’elenco delle festività importate dall’estero, una sorta di Halloween del consumo, a cui tutta la distribuzione, grande e piccola, ha finito per aderire. Eppure in questa astensione dal lavoro che si allarga a macchia d’olio per quanto riguarda sia le sedi sia le categorie interessate vi sono delle novità importanti.

 

A dichiarare e a gestire lo sciopero, innanzi tutto, sono le federazioni di categoria appartenenti alle confederazioni storiche. Il che accade dopo una lunga serie di astensioni dal lavoro proclamate dai sindacati di base nei settori del trasporto urbano che hanno messo a soqquadro le città con la cadenza mensile di una bolletta e per obiettivi talmente generici che risultavano incomprensibili per l’opinione pubblica. Anche le giornate di queste agitazioni prendevano il nome di “venerdì nero”. Il fatto è che i “ venerdì neri” dell’Atac colpiscono il cittadino nei suoi diritti fondamentali rendendogli impossibile una vita normale, mentre il boicottaggio del Black Friday gli impedisce di comprare, con lo sconto, quel bel capo di biancheria che aveva adocchiato. Ma non vogliamo concedere di più ad una deriva savonaroliana della frugalità. Poiché le informazioni arrivano attraverso le “brevi’’ dei quotidiani, non siamo in grado, né ci interessa, valutare le rivendicazioni di quei lavoratori. Possiamo tuttavia comprendere la complessità della vertenza.

 

Amazon è una sorta di Gulliver che si trova all’improvviso alle prese con i lillipuziani di un sindacato non solo nazionale, ma territoriale. Eppure non potrà rompere le piccole funi che lo legano e andarsene, perché non può abbandonare il mercato italiano. Amazon.com Inc. è un’azienda di commercio elettronico statunitense, con sede a Seattle nello Stato di Washington, è la più grande Internet company al mondo. Assiste in tutto il mondo 800 milioni di clienti. In un comunicato la multinazionale ha ridimensionato la partecipazione allo sciopero (la solita guerra di cifre con i sindacati che invece parlano di un risultato discreto) e ha garantito ai clienti la consegna degli ordini da loro effettuati.

 

Davide contro Golia, allora? Vedremo l’evolversi della vertenza. Può prendere forza o tramutarsi in un classico fuoco di paglia. Molto dipenderà dall’azione dei sindacati, i quali dovranno operare in un contesto in cui coesistono (e non può che essere così) condizioni e rapporti di lavoro profondamente diversi. Basta pensare alle assunzioni straordinarie che Amazon effettua sotto le festività (quelle natalizie sono ormai vicine): un personale che ha interessi diversi rispetto al nucleo stabile professionalizzato. Magari appartiene anche a generazioni differenti, che investono nel lavoro e nel reddito che ne ricavano esigenze di vita differenti.

 

Come detto la struttura occupazionale di Amazon, nelle sue filiali italiane, andrebbe meglio conosciuta. Sono tuttavia convinto che siano applicate tipologie contrattuali molto varie, le quali rispondono a precise esigenze di quella organizzazione del lavoro (flessibilità di orari, picchi e flessi produttivi, organici variabili, ecc.), ma che per questi motivi non sono in grado di consentire ai lavoratori condizioni per loro sostenibili. La competitività di una multinazionale – che usa la rete – non si misura con quella dell’azienda di trasporti locale, ma con le altre società che operano nel mondo con i medesimi strumenti. E questa è un’oggettiva difficoltà per i sindacati e di conseguenza per i lavoratori che si trovano a confrontarsi con un datore di lavoro che deve tener conto di parametri definiti fuori dai loro confini nazionali. E’ tuttavia una duplice sfida con cui il sindacato è chiamato a misurarsi: quella dell’assetto delle relazioni industriali nella società dei servizi che si avvale di un’organizzazione del lavoro trasversale ormai interconnessa con le nuove tecnologie; quella di una struttura della contrattazione incentrata sulle categorie la cui omogeneità non esiste più nei luoghi di lavoro. Ecco allora l’importanza della contrattazione di prossimità, come piattaforma unificante della nuova diversità dei lavoratori.

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