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Quante manie (mentali e storiche) dietro la Bitcoin-mania

Alberto Brambilla

E’ sintomatico che gli esperti ricorrano alle bolle finanziarie del passato per spiegare un fenomeno attuale e il perché si tira in ballo la famosa bolla dei tulipani olandesi

Roma. Le manie finanziarie sono come malattie infettive, scriveva ieri il Financial Times. L’avidità e la curiosità stanno diffondendo l’entusiasmo per le valute virtuali come gli starnuti trasmettono l’influenza. Il rialzo del valore del Bitcoin da 1.000 a 11.000 dollari da marzo a oggi non dovrebbe essere un motivo per buttare i propri risparmi. Ma sembra che il contagio sia in corso, soprattutto perché i media ne parlano con insistenza. Spesso accanto agli articoli online si trovano banner pubblicitari che invitano a tuffarsi sull’opportunità. E’ interessante notare che il massimo clamore arriva proprio quando di Bitcoin non è più così interessante discutere nei termini in cui nacque nel 2009, ovvero di una moneta – che moneta non è – capace di sfidare il monopolio del denaro delle Banche centrali. Bitcoin verrà infatti scambiato dall’11 dicembre al Chicago Mercantile Exchange con contratti futures, come una qualsiasi commodity o prodotto finanziario.

 

L’idea libertaria sottesa al suo “conio” svanisce nel momento in cui entra nel circuito finanziario tradizionale ed è lo stesso motivo per cui, nell’ultima settimana, si è assistito a un rialzo repentino del valore: sia investitori istituzionali sia privati si affannano per accumulare la criptovaluta.

 

Per ora inascoltato l’allarme lanciato da Interactive Brokers, società di servizi finanziari, con un’inserzione sul Wall Street Journal il 15 novembre per mettere in guardia dalla follia di introdurre derivati su Bitcoin sulla stessa piattaforma in cui sono scambiati titoli su beni tradizionali perché non ci sono basi per valutarne il valore né una regolamentazione ad hoc; un rischio contaminazione per l’intero circuito. Ma il comportamento del gregge ha un peso nelle scelte d’investimento e genera euforia. Seguire una moda non è indice di stupidità. Isaac Newton finì nei guai per avere assecondato l’entusiasmo per i titoli azionari più in voga nel 1700, quelli della Compagnia dei Mari del Sud, che fallì e lui perse milioni.

 

E’ tuttavia sintomatico della virulenza della Bitcoin-mania che gli esperti ricorrano alle bolle finanziarie del passato per spiegare un fenomeno attuale.

 

Fabio Panetta, vicedirettore generale di Banca d’Italia, tra molti altri, ha fatto un parallelismo tra Bitcoin e la famosa bolla dei tulipani olandesi in quanto entrambi esposte a “crisi repentine”. La “tulipomania” rappresenta una “fake news” ante litteram che si trascina da secoli. Lo spiega Larry Neal, professore di Economia alla University of Illinois, in “Storia della finanza internazionale” (il Mulino, 2017). Si verificò tra il 1634 e il 1637, durante la Guerra dei Trent’anni, nella città portuale di Haarlem, dove si concentrarono dei commercianti che trascorrevano lì la quarantena dalla peste e si dedicarono al commercio speculativo di bulbi di tulipani infettati con un virus del mosaico che produceva spettacolari colorazioni. “Gli studi sulla tulipomania – dice Neal – erano basati su libelli che ridicolizzavano gli eccessi speculativi in termini stravaganti” e furono divulgati a mania cessata. Ciò contribuì a mitizzare “un breve episodio” che non ebbe effetto duraturo né sull’industria dei tulipani né sull’economia olandese – a parte i “pochi individui” che si aspettavano guadagni fantastici ma si dovettero accontentare di una piccola percentuale per una sopravvenuta regolamentazione della speculazione. “Forse il motivo dell’importanza che è stata a lungo attribuita alla tulipomania nella storia delle crisi finanziarie – ricorda Neal in una nota – è che quando si verificarono i primi casi di crisi finanziaria, nell’autunno 1720, gli editori olandesi si precipitarono a stampare libri che condannavano gli operatori coinvolti da John Law nella bolla del Mississipi appena scoppiata. Nella fretta di andare in stampa trovarono conveniente illustrare i propri argomenti utilizzando le tavole presenti negli opuscoli pubblicati sulla tulipomania”. Che perciò fu “una delle bolle speculative più pubblicizzate della storia”. Questo sembra avere in comune con quella dei Bitcoin.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.