Commissione cieca
“La politica guarda il dito (Etruria) ma non la luna (crediti marci e controllori pigri)”. Parla Nicastro
Milano. Guardano il dito e perdono di vista la luna: è questo lo spettacolo offerto in queste settimane dai giornali e dalle televisioni. Si concentrano sul caso Boschi dimenticando di porre le domande sulla crisi bancaria che forse interessano di più agli italiani: per esempio, oggi i risparmiatori e i clienti degli istituti di credito sono più al sicuro di prima o no? Gli episodi di malagestio e le pratiche illegali di alcuni banchieri, cui ha fatto riferimento anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, si potranno evitare in futuro o no? Interpellato dal Foglio, Roberto Nicastro, 53 anni, ex manager di Unicredit e attualmente presidente della Cassa del Trentino, vede un panorama variegato, con alcune aree in miglioramento, come la governance delle banche, e altre ancora dove si dovrebbe intervenire, come i tempi delle azioni di responsabilità e i meccanismi e i tempi di recupero dei crediti. Nicastro ha visto da vicino i guasti provocati dalla cattiva gestione: è stato presidente delle quattro “good bank” nate dalla risoluzione di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e CariChieti.
“In questa crisi bancaria ci sono stati comportamenti dei vertici apicali scorretti e forse criminosi”, dice Nicastro. “Volumi di crediti deteriorati sproporzionati rispetto alle medie del territorio, una percentuale eccessiva di crediti concessi in aree lontane e poco conosciute dai manager delle banche locali. Indizio di gestioni personalistiche senza un reale controllo da parte dei consigli di amministrazione, dei collegi sindacali, talvolta delle società di revisione. Logiche di selezione dei consiglieri, soprattutto negli istituti più piccoli, sicuramente discutibili. Su questi aspetti vedo però un miglioramento della situazione: già da anni la Banca centrale europea e la Banca d’Italia hanno introdotto una serie di meccanismi per verificare l’adeguatezza e la competenza dei membri dei consigli di amministrazione delle banche, e per far funzionare meglio i controlli da parte dei collegi sindacali e dei revisori. Se mi chiede quindi se ora possiamo stare più tranquilli, rispondo che come osservatore vedo un netto rafforzamento della governance delle banche”. Dove invece Nicastro esprime preoccupazione sono le azioni di responsabilità: nelle quattro banche che furono risolte, i commissari nominati dalla Banca d’Italia avviarono le azioni di responsabilità contro gli ex vertici tra il 2015 (Ferrara e Marche) e il 2017 (Etruria e Chieti). “Sono passati quasi tre anni dalle prime due azioni e non se ne conosce ancora l’esito”, dice il manager. “Non sappiamo ancora chi ha avuto responsabilità e per che cosa”.
Tre anni forse sono troppi, mentre sui giornali e in tv si parla quasi esclusivamente del caso Boschi. Terzo punto: i processi di gestione e di recupero dei crediti. Qui Nicastro è pessimista. “L’esplosione dei cosiddetti Npl, non performing loan, i prestiti incagliati, ha mostrato in tutta evidenza uno dei problemi italiani denunciati da tempo dal Fondo monetario internazionale: i meccanismi di recupero dei crediti funzionano male. Le garanzie hanno garantito poco. Quando si ricorre agli strumenti giudiziari per riottenere i soldi prestati, i tempi italiani sono forse i più lunghi in Europa; nella stessa regione ci si può trovare di fronte un tribunale veloce e un altro lentissimo. In generale si potrebbe dire che questa crisi s’è trasformata in un paradiso dei debitori, che in vari casi anche quando potevano restituire il credito non l’hanno fatto. Non è solo un problema delle banche, le imprese con crediti impagati sono tante ed anche lo stato ha moltissimi Npl. Ora il problema è che una banca potrebbe chiedersi se alla prossima crisi andrà ancora così, se il denaro prestato per quel capannone gli tornerà indietro o no”. La tesi di Nicastro è che la politica dovrebbe intervenire con decisione su questi aspetti. Essendo stato ascoltato dalla commissione d’inchiesta sulle banche, Nicastro riconosce che alcune domande centravano il problema, altre invece avevano un obiettivo puramente elettorale. Cattive intenzioni.