Due teorie economiche spiegate con gli alberi di Natale

Maurizio Stefanini

Altro che Spelacchio, gli abeti sono ormai un business milionario in tutto il mondo. Tanto che alcuni teorici hanno studiato a fondo come funziona il loro mercato

Se in Italia l'infelice Spelacchio è diventato oggetto di polemica politica, in altri paesi come l'Arabia Saudita o il Brunei va peggio e fare l'albero di Natale è un reato per cui si può persino finire in galera. Ovviamente, l'Albero di Natale è un simbolo di festa e di intimità familiare. Ma è anche un grande business, talmente grande che gli economisti ci hanno ricavato sopra almeno un paio di teorie economiche.

 

Solo in Italia, secondo la Coldiretti, nel 2017 verranno acquistati 3,8 milioni di alberi di Natale naturali, con un aumento del 3 per cento rispetto al 2016. Ma in tutta Europa il mercato è di 50 milioni di piante vendute, 35 milioni solo negli Stati Uniti. In Italia c'è una buona produzione sopratutto in Toscana e in Veneto, ma nel nostro continente il numero uno del settore è la Germania, da dove la tradizione si è diffus, e che produce ogni anno 19 milioni di alberi di Natale. In proporzione, il maggior esportatore è però la Danimarca, con il 90 per cento dei suoi 8,5 milioni di esemplari. La Francia sta sui 9,2 milioni l'anno, il Belgio sui 5,2 e il Regno Unito sui 4,4. Negli Stati Uniti ci sono 20.000 produttori e il 95 per cento di loro vende direttamente dalla propria fattoria. Almeno 6 milioni di esemplari sono però esportati dal Canada ogni anno e c'è una crescente produzione in Messico. Ovviamente ci sono anche gli alberi di Natale artificiali, che sono sopratutto cinesi, ma c'è anche una fiorente produzione polacca, anch'essa però a partire da materie prime cinesi.

 

Si può prevedere quanto costerà un albero di Natale? Nel 2001 il problema stuzzicò un team di studiosi guidato da Tomisav Vukina che sull'American Journal of Agricultural Economics pubblicò un saggio basato sul modello di Hotelling-Faustmann. Basandosi sui prezzi degli alberi di Natale in North Carolina, nel dicembre del 1997, lo studio mostrò che “i prezzi attraverso le classi di età aumentano a un tasso più alto del tasso di interesse”. Locuzione che a un profano di scienza economica può sembrare astrusa, ma che in realtà spiega il perché gli alberi di Natale non siano venduti a un tanto al metro. La superficie di un albero più vecchio ha infatti più valore rispetto alla superficie di un albero più giovane, dal momento che man mano che la pianta invecchia cresce più lentamente.

 

Ma un'altra legge economica sugli alberi di Natale era già stata elaborata nel 1993 in un paper di George C. Davis e Michael K. Wohlgenannt. Oggetto, l'elasticità del relativo mercato, cioè il modo in cui la domanda risponde rispetto al variare del prezzo. Lo studio era stato pubblicato dall'American Journal of Agricultural Economics e si basava sugli acquisti fatti da 558 famiglie di Washingtn D.C., Virginia del Nord, Maryland del sud e Pennsylavania. La loro stima dell'elasticità del mercato degli alberi di Natale naturali era stata negativa, pari a meno 0,674 rispetto ai prezzi degli alberi naturali e di 0,188 rispetto a quelli artificiali.

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