Ecco perché fondere treni e autostrade è stata una sciocchezza
Ferrovie e Anas sono in confusione, inefficienti e incapaci di ammodernare il servizio. Servivano tempo e politiche coraggiose
Al direttore - Spiace che il governo Gentiloni non chiuda in bellezza sul terreno del metodo e dell’opportunità politica. Ci riferiamo all’approvazione del decreto interministeriale (economia e infrastrutture) per la preoccupante fusione Ferrovie-Anas. A poche ore dallo scioglimento delle Camere e a pochi mesi da un nuovo Parlamento, saggezza avrebbe richiesto che un’iniziativa di questa dimensione fosse lasciata a una verifica del nuovo governo, tanto più che un giudizio diffuso la giudica improvvida e figlia di una mancanza di visione di alcuni ministri e dell’acquiescenza di altri. Quale sinergia potranno avere, infatti, le due società fuse? Entrambe sono già oggi afflitte da gigantismo che produce inefficienza, ma la risposta a questa domanda nessuno la conosce anche perché nessuno ha studiato gli effetti della fusione. Se pensiamo che le ferrovie dello Stato già oggi controllano 66 società – con annessi consigli di amministrazione e con un coordinamento sempre più complesso – si può immaginare quanta altra confusione determinerà l’arrivo di una società come l’Anas, che fa tutt’altro mestiere e che porterà in dote altri seimila dipendenti che si aggiungeranno ai 73 mila delle ferrovie, con un parco di trentamila chilometri di strade già oggi afflitte dalla scarsità di investimenti. Cosa analoga avviene per le ferrovie. Anche il suo fiore all’occhiello, l’alta velocità, comincia a evidenziare crepe nella manutenzione come sanno tutti i viaggiatori, per non parlare del disastro del trasporto ferroviario a servizio dei pendolari. Treni, rotaie e strade sono cose totalmente diverse in termini tecnici: in tutta Europa le due società sono da sempre distinte, tranne che nel piccolo Portogallo e nella Svezia. Nella ricerca di una sinergia – introvabile – ci siamo imbattuti in una strana motivazione che sarebbe alla base di questa fusione, e cioè la fuoriuscita dal perimetro della Pubblica amministrazione dell’Anas, con il suo carico di debiti dopo la fusione con le Ferrovie dello Stato. Una notizia falsa perché, anche dopo la fusione, l’Anas resterà nel perimetro della Pubblica amministrazione: il suo bilancio è garantito prevalentemente da risorse statali, per cui avremo una holding (le Ferrovie dello Stato con tutte le sue società controllate) fuori dal perimetro della Pa, ma con una unità trattenuta con un cordone ombelicale dentro il bilancio dello Stato.
Come si vede, si tratta di confusione aggiunta a confusione, mentre restiamo sconcertati per il fatto che le nostre ferrovie, e con essa la politica, non abbiano ancora chiesto di assorbire le 62 ferrovie concesse ancora autonome il cui degrado, in particolare nel Mezzogiorno, è sotto gli occhi di tutti, con tratti ancora a binario unico e con treni che fanno inorridire i viaggiatori del Terzo mondo.
Un amministratore che avesse una visione, e che avesse a cuore il trasporto ferroviario italiano nel suo complesso, dovrebbe chiedere a voce alta l’assorbimento di queste ferrovie nella propria holding, per razionalizzare ed ammodernare l’intero trasporto ferroviario del paese, ben prima di qualunque altra folle iniziativa. Naturalmente di tutto ciò si dovrebbe far carico la politica e il governo in primo luogo. Senza lasciarsi affascinare dal gigantismo molliccio e inefficiente utile solo per garantire potere e soldi, oggi a uno e domani a un altro.