Perché il balzello sui sacchetti biodegradabili non è eco-logico
Il legislatore ha deciso di "tassare" un comportamento corretto senza lasciare libertà di scelta ai consumatori. Puglisi: "Messa così era inevitabile che ci fosse una forma di ribellione"
C'erano diversi modi per assorbire la normativa europea e disincentivare il consumo di sacchetti di plastica, ma quello che è entrato in vigore il primo gennaio qui in Italia non sembra essere il migliore. Almeno a giudicare dalla reazione che si è scatenata tra i consumatori, che dopo aver ricevuto la notizia dei rincari sulle bollette e in autostrada si sono ora scatenati contro questo nuovo balzello.
Il prezzo che pagheremo per i sacchetti biodegradibili, gli unici utilizzabili negli esercizi commerciali dall'inizio di quest'anno, è completamente discrezionale. Da una prima ricognizione sulla grande distribuzione organizzata (Gdo) sembra che il prezzo per le bustine del reparto ortofrutta sia stato fissato tra 0,1-0,3 centesimi, per una spesa media compresa tra i 4,50 e i 12 euro l'anno a famiglia. Ma d'altra parte nessuno vieta ai piccoli supermarket che hanno meno forza contrattuale della Gdo di vendere le nuove buste a prezzi più alti. Di certo, secondo il decreto legge Mezzogiorno che introduce queste nuove disposizioni, un prezzo va fatto pagare a chi utilizza i sacchetti e va dichiarato sullo scontrino. La ratio sarebbe quella di rendere il consumatore consapevole del costo della plastica e del suo impatto ambientale, ma non si capisce perché, invece di tassare il comportamento scorretto – quello che porta a sprecare e disperdere la plastica non biodegradabile nell'ambiente – il legislatore abbia deciso di caricare di oneri il comportamento corretto, quindi l'utilizzo dei nuovi e più sostenibili sacchetti. “Il risultato non può che essere quello di scatenare una "reazione di reciprocità" – spiega al Foglio Riccardo Puglisi, professore di Economia all'università di Pavia – che porta i cittadini a ribellarsi di fronte a una legge che non lascia loro la possibilità di scegliere. In questo modo non si tutela la libertà del consumatore, che al contrario si vede subissato di obblighi anche se si adegua al consumo del prodotto che la legge vuole promuovere”.
Uno dei primi equivoci che scatena il rifiuto è il fatto di ritrovarsi a pagare un prezzo esplicito mentre prima, consumando plastica più inquinante di quella biodegradabile, il costo veniva spalmato in maniera occulta su altri prodotti e il consumatore non ne era consapevole. Altro problema è quello di non poter riutilizzare lo stesso sacchetto per più volte portandoselo da casa, un limite che ha confermato questa mattina su Radio24 Massimo Caleo, uno dei firmatari dell'emendamento che introduce la norma. “Introdurre il nuovo balzello senza prevedere questa correzione – commenta Puglisi – che sarebbe potuta essere una correzione utile, impedisce al consumatore di adottare il meccanismo ambientalmente più corretto, cioè quello di utilizzare meno plastica. Messa così non ci si poteva aspettare niente di diverso, se non un rifiuto delle regole”.
Così, come già notava un articolo del Sole 24 ore, gli effetti della legge potrebbero rivelarsi un boomerang, portando i consumatori a scegliere prodotti già confezionati e quindi promuovendo l'uso degli imballaggi di plastica. Oppure, aggiungiamo noi, spingendo chi deve fare la spesa a scegliere altri rivenditori di frutta e verdura con i loro, gratuiti, sacchetti di carta.