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Antidoti al promettificio elettorale dal think tank Bruegel

Guido Fontanelli

E' il momento di abbassare il debito, non di aumentare le spese. La flat tax? Meglio ridurre la pressione sulle imprese. Parla Terzi

Milano. La campagna elettorale italiana sembra “una gara ad inventarsi il sistema più creativo per aumentare le spese e ridurre le entrate, mentre questo sarebbe il momento ideale per abbassare il debito”. Come l’economista dell’Università di Francoforte Ester Faia, anche Alessio Terzi del think tank europeo Bruegel è colpito, negativamente, dal promettificio messo in campo dai partiti in vista delle elezioni del 4 marzo. E teme che l’Italia perda un’occasione d’oro per aggredire il suo problema principale, il debito pubblico, sfruttando l’onda lunga della crescita globale e degli acquisiti di titoli pubblici da parte della Bce.

 

 

Pur essendo giovane (ha 30 anni), Terzi lavora da più di quattro anni con Bruegel, l’organizzazione di Bruxelles presieduta da Jean Claude Trichet che conduce ricerche nel campo economico e formula proposte per l’Europa. In particolare l’economista italiano si occupa di riforme strutturali, di mercato unico, di governance europea. In più sta collaborando negli Stati Uniti con l’Università di Harvard sul tema della crescita e sul perché alcuni paesi crescono nel tempo più rapidamente di altri. Ed è proprio il tasto della crescita che Terzi tocca per primo: “L’Italia non cresce da venti anni e il fatto che in questi ultimi mesi il pil stia aumentando non deve illuderci: siamo sempre al di sotto della media dei nostri partner".

 

Invece di intervenire sulla leva fiscale, sostiene l’economista, il prossimo governo dovrebbe cercare di far crescere di più l’economia attraverso una serie di riforme strutturali, puntando sulla concorrenza, sulla produttività, rendendo più attraente il paese per gli investimenti esteri, migliorando l’efficienza della pubblica amministrazione, abbassando i tempi della giustizia. Tutti temi in effetti poco presenti nella campagna elettorale, che invece si concentra sulla riduzione delle tasse.

 

“Io non sono contrario a una semplificazione del sistema fiscale italiano, anzi. Ma non credo che la flat tax sia il modo migliore: in realtà l’Italia non ha bisogno di un intervento sull’Irpef, la priorità non è stimolare i consumi delle famiglie. E per di più l’introduzione di una flat tax avrebbe un impatto modesto anche sotto questo punto di vista, perché è uno strumento che favorisce le fasce più alte di reddito, quelle che hanno una minore propensione al consumo: se aumento lo stipendio del 10 per cento a una persona che guadagna 1.000 euro al mese, quei 100 euro in più andranno largamente in maggiori consumi. Se lo aumento a uno che guadagna 10 milioni, difficilmente il passaggio da 10 a 11 porterà a grandi cambiamenti di consumo ma piuttosto andranno in maggiori risparmi o investimenti finanziari.  Inoltre tende a far crescere le diseguaglianze che sono già aumentate in Italia per colpa della crisi”. Piuttosto, Terzi suggerirebbe di intervenire sulle tasse sulle imprese, se proprio si vuole usare la leva fiscale.

 

Quando tra gli esperti di Bruegel si parla del caso Italia, racconta Terzi, il tono per fortuna non è particolarmente drammatico: “Al momento il paese cresce poco e ha un alto debito, ma il tutto si regge. Il problema è che questa situazione non può continuare all’infinito e per questo occorre fare le riforme per dare un’accelerata al pil”. Anche un’eventuale vittoria del Movimento 5 Stelle non è vista come un cataclisma: “E' uno scenario che preoccupa di meno per due ragioni: il Movimento non parla più di un’uscita dall’euro e la legge elettorale costringe i partiti a formare coalizioni”, stemperando così il rischio di un governo monocolore. Semmai il pericolo, sottolinea Terzi, è che dalle urne esca un verdetto che condanni il paese a una fase di instabilità. 

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