Le conseguenze economiche del #MeToo: lo scandalo molestie costa a Netflix 39 milioni di dollari
La piattaforma di streaming annuncia utili e abbonati record. Il conto delle accuse a Kevin Spacey e Louis C.K. è salato, ma lo spin del ceo Reed Hastings è più forte: “E’ stato un anno bellissimo”
Quando House of Cards fece il suo debutto, nel febbraio del 2013, in molti manifestarono scetticismo e si chiedevano se Netflix si sarebbe mai potuta permettere una serie tv da 100 milioni. Non sapevano che proprio alle sorti del drama politico, con protagonista un ambizioso capogruppo del congresso americano, si sarebbero legate la fortuna – e la sfortuna – della piattaforma di streaming.
“Quello che un martire vuole più di ogni altra cosa è imbattersi in una spada”, dice Kevin Spacey, alias Frank Underwood, in una puntata della prima stagione della serie. E così è stato, in una Hollywood in cerca di capri espiatori, dopo l’accusa di presunte molestie sessuali che ha di fatto chiuso la sua carriera. A infliggergli il colpo è stata la stessa Netflix, che ha commissionato ma mai mandato in onda due puntate della quinta stagione di House of Cards, per poi sospendere la sesta e annunciare infine che sarà girata senza il protagonista . Il “sexual harassment” è costato a Netflix 39 milioni di dollari. House of Cards, Gore (biopic su Vidal interpretato dallo stesso Spacey) e la seconda stagione della stand-up comedy di Louis C.K., sono gli show mai trasmessi sulla piattaforma di streaming dopo le polemiche. Ad ammettere la perdita milionaria è stata la stessa società martedì scorso. L’annuncio è passato un po’ in sordina, anche perché è stato fatto proprio mentre Netflix chiude il 2017 con ottimi risultati: superati i 100 miliardi di dollari di capitalizzazione, le sue azioni sono cresciute del 10 per cento martedì mattina. Le entrate annuali sono salite del 32 per cento, arrivando agli 11 miliardi di dollari, con un utile netto di 559 milioni.
Ne è passato di tempo dal 2013, Netflix ormai è diventata un colosso dell’intrattenimento, con produzioni originali e film che competono agli Oscar. Resta il fatto che il #MeToo ha conseguenze economiche notevoli, e che, senza lo scandalo che ha sconvolto lo star system statunitense, Netflix avrebbe incassato 40 milioni in più. I soldi però continuano ad arrivare, principalmente dagli abbonati, che nel frattempo hanno superato i 117 milioni, 8,3 in più rispetto al 2016. Merito di produzioni originali come "The Crown" e Strangers Things, che fanno sembrare quei 39 milioni marginali. La sfida del futuro per il ceo Reed Hastings è continuare a crescere, nonostante tutto, anche per abbattere i 6 miliardi e mezzo di debiti.
L’aumento dei prezzi del 25 per cento non ha pesato e gli utili continuano a crescere, insieme all’importanza degli utenti internazionali, che hanno ormai superato stabilmente quelli americani e hanno iniziato a fruttare. Il quarto trimestre è stato “bellissimo”, come ha detto Hastings, e anche il 2018 lo sarà. Le stime della società parlano di 6,35 milioni di nuovi abbonati, che saranno sempre più dipendenti dalla piattaforma. Il tempo medio sulla piattaforma è cresciuto del 9 per cento. “Siamo convinti che i nostri grandi investimenti in contenuti stiano pagando”. Investimenti che continueranno a crescere. Soprattutto le produzioni originali, per cui nel 2018 saranno investiti tra i 7,5 e gli 8 miliardi di dollari. Non male, per un’ex azienda di noleggio di Dvd, che ormai ha conquistato il monopolio assoluto dell’intrattenimento online. Più che sul clima post-Weinstein o sulle accuse di molestie, il futuro di Netflix si gioca sulla concorrenza. Al di là dei social o delle altre piattaforme di streaming come Amazon, c’è tutta una serie di movimenti da parte del cinema tradizionale. Vedi alla voce Disney-21st Century Fox-Hulu. Altro che #MeToo.