Sergio Marchionne (foto LaPresse)

Appunti di Bentivogli per l'ultimo miglio di Marchionne

Alberto Brambilla

I positivi risultati finanziari devono essere "dirottati" dall'America per completare il piano industriale italiano, dice il segretario generale Fim-Cisl

Roma. I buoni risultati di Fiat-Chrysler Automibiles nel 2017 (utili raddoppiati a 3,5 miliardi di euro, indebitamento dimezzato a 2,39 miliardi) sono incoraggianti ma a un anno dalla scadenza del mandato dell'amministratore delegato Sergio Marchionne, protagonista della fusione italo-americana e del rilancio aziendale, è necessario chiarire le strategie future del gruppo sia per le produzioni italiane sia per lo sviluppo di automobili a motore ibrido/elettrico e guida autonoma dove i concorrenti sono agguerriti.

 

Lo dice al Foglio Marco Bentivogli, segretario generale dei metalmeccanici Cisl, chiedendo alla società controllata dalla holding Exor di "valorizzare il dialogo" per "avere delle relazioni industriali efficaci" a maggiore ragione con una sigla che "in questi anni ci ha creduto e, con gli accordi sindacali, ha consentito che il settore automobilistico non sparisse dall'italia, prendendosi delle responsabilità anche in condizioni di impopolarità".

 

Da a tempo circolano indiscrezioni sun nuovo modello di Jeep che dovrebbe entrare in produzione nello stabilimento campano di Pomigliano d'Arco da 4.729 addetti dove si produce la Panda che è in via di esaurimento (dal 2020 un nuovo modello di Panda verrà realizzato in Polonia). La notizia non è stata confermata alla presentazione dei conti i mercoledì 24 gennaio, l'attesa è per il piano industriale di giugno.  

 

"Ci resta da sapere - dice Bentivogli - se il prodotto annunciato per Pomigliano è già in fase di sviluppo perché questo consentirebbe di arrivare in produzione e saturare gli impianti prima che finiscano gli ammortizzatori sociali nei prossimi mesi.  Inoltre si sostituirebbe la Panda con un'altra produzione senza discontinuità’".

 

Altra preoccupazione è l’urgenza di capire anche come verranno saturati gli altri stabilimenti italiani. Fca genera il 59 per cento circa del fatturato dall'area Nafta (Messico, Stati Uniti e Canada) e la riforma fiscale dell'Amministrazione Trump che incentiva gli investimenti negli Stati Uniti potrebbe ulteriormente spostare il baricentro di Fca verso l'America con il rischio, se visto dall'Italia, di ridurre gli investimenti altrove.

 

"I positivi risultati finanziari, l'aumento della redditività e il dimezzamento del debito devono essere dirottati - dice Bentivogli - per completare il piano industriale italiano che inizialmente prevedeva la piena occupazione di tutti gli impianti alla fine del 2018. Adesso abbiamo Melfi, Mirafiori e Pomigliano che non sono saturi completamente". Nel 2016 Mirafiori (Piemonte) ha prodotto 42.275 auto tra Alfa Romeo Mito e Maserati Levante. A Melfi (Basilicata) 364.700 tra Fiat Punto, Fiat 500X, Jeep Renegade.

 

Marchionne lascerà il timone nel 2019 e non è riuscito a realizzare un'alleanza con altri gruppi di rango, in primis General Motors. Marchionne ha detto al Salone di Detroit che Fca non ha più bisogno di alleanze ("era un discorso valido nel 2015") perché ha creato da sola una realtà americana sviluppandola bene. Bentivogli invece sostiene che sia "assolutamente fondamentale riprendere quel percorso perché è Fca un gruppo molto più interessante sul mercato: con un'alleanza può agganciare la possibilità di fare auto ibride, elettriche e senza pilota. Al momento Fca ha solo un progetto su Pacifica e un consorzio con Google e la ditta israeliana Mobileye che sviluppa sistemi per la guida assistita. Gli altri player - dice Bentivogli - hanno dimostrato che nel giro di due o tre anni avranno metà delle loro flotte saranno elettriche/ibrido da Toyota a Volvo a Volkswagen. Una strategia con un matrimonio può esser utile ad agganciare nuove tecnologie", conclude Bentivogli.

Di più su questi argomenti:
  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.