La partita tecnica di Draghi per il "dopo Draghi" al vertice Bce
In Europa si stanno giocando due sfide, una tutta politica e una sostanzialmente tecnica. Quale futuro per la Banca Centrale europea?
Roma. Sull’imminente nomina del vicepresidente della Banca centrale europea in sostituzione del portoghese Vitor Constâncio – primo atto di un risiko che culminerà il prossimo anno con la scadenza del presidente Mario Draghi – si giocano in Europa due partite, una tutta politica e una sostanzialmente tecnica. A guidare dietro le quinte quest’ultima è lo stesso Draghi che ha con sé la maggioranza dei governatori che compongono il Consiglio direttivo Bce. A tirare le fila della prima sono la Germania e i fedeli alleati Austria, Finlandia, Lussemburgo, Olanda e la Francia con obiettivi per ora meno chiari. Draghi e i banchieri centrali dell’Eurozona prediligono un’accoppiata di vertice con l’attuale governatore della Banque de France, il carismatico François Villeroy de Galhau, come numero uno, e il capo della Banca centrale d’Irlanda, Philip Lane, come vice.
L’altro ieri, al termine delle audizioni dei due candidati alla vicepresidenza – il ministro spagnolo Luis de Guindos e lo stesso Lane – la Commissione Affari economici dell’Europarlamento presieduta dall’italiano Roberto Gualtieri s’è espressa a favore del governatore irlandese. Pronuncia che sembra un punto a favore dello schieramento tecnico. L’orientamento del Consiglio Bce e dell’Europarlamento non è vincolante ma non irrilevante. Che Draghi punti a una coppia di vertice, pescata nel bacino dei banchieri centrali e formata da un rappresentante del sud e da uno del nord Europa è comprensibile: garantirebbe un alto profilo tecnico e l’auspicato cambiamento nella continuità. Nell’ambito del Consiglio de Galhau è a fianco del presidente per una politica monetaria accomodante in funzione del raggiungimento dell’obiettivo di un’inflazione al 2 per cento e di un’uscita dolce e non traumatica dal Quantitative easing. Una regola non scritta, ancorché rispettata una sola volta (presidenza all’olandese Duisemberg, vice il francese Noyer), vorrebbe inoltre che se il numero due è un nordico, il numero uno possa essere un latino, nello specifico de Galhau. Lo schieramento guidato dalla Germania ha invece un obiettivo speculare a quello di Draghi: un presidente nordico, che potrebbe essere il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, ma non necessariamente (potrebbe andare bene anche il governatore olandese Knot o quello finlandese Hansen) e un vice latino nel rispetto della regola “etnica”, purché si esca velocemente dal Qe come invocano le banche e le assicurazioni tedesche. Il che spiega l’appoggio offerto da Berlino alla candidatura dello spagnolo de Guindos per la vicepresidenza.
Il punto è che i nomi prospettati manifestano una certa debolezza. Non solo quello di de Guindos, un ministro “politico”, come vice. Anche per la stampa tedesca si tratta di esponenti di una linea uscita sistematicamente sconfitta nel Consiglio. A Weidmann, di cui non si mettono in dubbio le credenziali tecniche, si rimprovera inoltre l’uso di un linguaggio pericolosamente poco “market friendly” e uno scarso consenso oltreconfine. La Francia da parte sua sembra tenere coperta la carta del candidato di genere: quella Sylvie Goulard di recente nominata da Macron vicegovernatore della Banque de France che potrebbe alternativamente trovare un posto nel board Bce, in caso di insuccesso dell’opzione tecnica di Draghi o vestire di rosa la presidenza della Banque de France in caso contrario. Quanto all’Italia, di cui secondo alcuni si sente poco la voce, non ci sono dubbi su quale sia l’opzione preferibile. Con de Galhau alla presidenza della Bce, Roma potrebbe spartirsi con Madrid i due posti che nei dintorni dell’uscita di Draghi si libereranno nel board: quello del belga Peter Praet e quello del francese Benoit Coeurè. Gli italiani con qualche ambizione al riguardo sono tre: Ignazio Angeloni, prossimo a uscire dalla Vigilanza unica Bce, Fabio Panetta, vicedirettore generale della Banca d’Italia, e l’economista Lucrezia Reichlin che aiuterebbe ad aumentare la quota rosa al vertice.