Cosa prevede l'alleanza energetica tra Egitto e Israele
Il Cairo importerà circa 64 miliardi di metri cubi di gas grazie a un accordo da 15 miliardi con Gerusalemme. Un asse strategico che a regime può portare Gnl in Europa
Ieri il ministro israeliano dell'energia Yuval Steinitz ha annunciato di aver concluso un accordo con l'Egitto per la fornitura di gas proveniente dai giacimenti israeliani di Tamar e Leviathan, dove lavorano la compagnia nazionale Delek Drilling-LP e la texana Noble Energy. Il contratto vale 15 miliardi di dollari, durerà dieci anni e muoverà circa 64 miliardi di metri cubi di gas.
Non è ancora chiaro come Noble e Delek trasferiranno il gas verso Il Cairo ma l'avvio delle esportazioni è al momento fissato per il 2020. Una delle possibilità è ripristinare il gasdotto della East Mediterranean Gas Company (Emg) usato fino al 2012 per collegare i due paesi a parti invertite. Già in quell'occasione la regione si era mostrata a rischio per la sicurezza delle infrastrutture, visti i ripetuti sabotaggi al gasdotto che ne hanno determinato un crollo parziale ancora in attesa di essere riparato. L'Egitto, che è stato condannato a pagare una multa da 1,73 miliardi per i danni arrecati, spera di lasciarsi alle spalle la questione sulla spinta di questa nuova alleanza. Delek ha detto che inizierà i colloqui con Emg per valutare l'uso dell'infrastruttura, che sarebbe attualmente la soluzione più pratica ed economica per collegare i due giacimenti israeliani all'Egitto.
Assicurarsi un canale per le riserve dei due maxi giacimenti è un fattore importante per Israele, da tempo in cerca di partner commerciali a cui vendere gas per garantirsi l'accesso a nuovi finanziamenti per sviluppare Tamar e Leviathan: mentre il primo giacimento è già in produzione, il secondo, scoperto nel 2010, sarà avviato non prima del 2020. La Turchia era tra le opzioni ma le tensioni degli ultimi mesi hanno spinto Israele a scegliere come partner l'Egitto, con cui le trattative erano aperte da tempo, che non nasconde l'ambizione di diventare un polo strategico per il bacino mediterraneo.
Dopo la scoperta di Zohr di Eni e l'inizio della sua produzione lo scorso dicembre, l'Egitto può contare su una scorta rilevante di idrocarburi, considerando che le riserve del giacimento sono stimate in 850 miliardi di metri cubi. Secondo il ministro del petrolio Tarek El-Molla il lavoro di Eni dovrebbe garantire l'autosufficienza energetica al paese già dalla fine di quest'anno. L'azienda israeliana Delek ha detto invece che è più probabile che la produzione di Zohr soddisfi la domanda dell'Egitto dal 2023 e solo per un periodo di tempo limitato. In ogni caso, un eventuale surplus a disposizione dello stato arabo sarebbe facilmente disponibile a essere esportato aggirando il problema delle infrastrutture, visto che l'Egitto dispone di impianti di Gnl che al momento sono ampiamente sottoutilizzati. "È possibile che il gas importato in base a questo accordo sia destinato al consumo interno o agli impianti di Gnl per essere liquefatto e riesportato" – ha detto El-Molla alla televisione Cbc egiziana – "Disponiamo di diversi impianti di rigassificazione, abbiamo capacità che non vengono sfruttate, perché non avere un partner terzo che le faccia fruttare?”.
Una prospettiva condivisa anche da Massimo Nicolazzi, presidente di Centrex Europe Energy & Gas AG. “Per l'Egitto la cosa significativa di aver continuato negli anni a negoziare questo accordo è il fatto di prelevare dei volumi che a regime gli garantisce di avere più gas disponibile di quanto ne serve per i consumi interni. In concomitanza con il picco di Zohr – dice Nicolazzi – il paese potrebbe rimettere in moto le infrastrutture di rigassificazione che prima della scoperta di Eni erano state pensate per l'importazione via nave. E salvarle dalla ruggine. Per Leviatano, che non dimentichiamoci ha come azionista di maggioranza una società americana, e anche per gli egiziani, è molto realistica l'idea di portare il gas sul mercato europeo attraverso navi più che con i tubi. L'equilibrio tra prezzi e l'accordo raggiunto evidentemente hanno soddisfatto le parti".
Sul fronte interno però l'accordo con lo stato ebraico potrebbe essere meno semplice da gestire di fronte all'opinione pubblica. Quando il ministro del Petrolio ha annunciato al paese di aver siglato un'importante partnership sul fronte energetico non ha svelato subito la controparte. Un dato che sottolinea come sia delicato per il governo presentare agli ezigiani un'alleanza con gli israeliani. Per lo stesso motivo El-Molla nei suoi commenti alla Cbc ha ribadito l'importanza commerciale dell'accordo, piuttosto che politica, spiegando quanto sia importante per il paese importare gas "da Cipro o da qualsiasi altro paese" per tentare di diventare un hub energetico. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha invece parlato di "giorno gioioso": l'accordo “porterà miliardi nelle casse dello stato da usare per l'istruzione, la salute e il benessere sociale dei cittadini israeliani".
Lo sfruttamento delle riserve di gas recentemente ha acceso diverse tensioni nella regione. Nei giorni scorsi il leader del movimento sciita libanese Hezbollah ha detto di poter mettere fuori uso i giacimenti di gas israeliani se non si placherà l'opposizione di Israele allo sfruttamento delle risorse energetiche del Blocco 9 del Mediterraneo. La zona marittima è al centro di uno scontro tra Israele e Libano: per Beirut si trova nella zona economica libanese e per Gerusalemme in quella israeliana. In mezzo c'è una commessa affidata dal governo libanese a Eni, Total e Novatek che per Israele è una “provocazione”. A mediare tra le parti sono intervenuti gli Stati Uniti e oggi il ministro israeliano Steinitz ha incontrato il segretario di stato aggiunto David Satterfield. Eni intanto è ferma anche sul fronte cipriota, dove da più di una settimana la Turchia trattiene una nave da perforazione di Saipem noleggiata dal cane a sei zampe e diretta verso un giacimento nel blocco 6, zona economica esclusiva di Cipro.