Foto tratta dal sito della Gts

Un treno merci dalla Puglia verso la Borsa

Mariarosaria Marchesano

La storia della barese Gts che si è sviluppata grazie alla liberalizzazione del trasporto ferroviario

Roma. C’è un sud che è arrabbiato e protesta con il voto e un sud che costruisce il suo destino affidandosi al mercato (come forse neanche nel più profondo nord saprebbero fare). Nella stessa area del paese c’è chi invoca più stato, leggi assistenzialismo, e chi, invece, brinda perché lo stato si ridimensiona in alcuni settori strategici per l’economia del paese, come il trasporto ferroviario.

 

Alessio Muciaccia è un imprenditore pugliese (di seconda generazione) che a 42 anni ha deciso di lanciarsi in una grande sfida: portare i suoi treni merci (“puntuali come un orologio”, vuole precisare) in Borsa entro il 2018, facendo conoscere così a tutti una storia di liberalizzazione di successo che in Italia non sono così frequenti.

 

La storia è quella della Gts, impresa ferroviaria privata con sede nell’area industriale di Bari, 90 milioni di fatturato e bilanci certificati da 10 anni dalla Pricewaterhouse. E’ nata nel 1977 grazie all’intuizione avuta da papà Nicola dopo un viaggio in Belgio, uno dei primi paesi europei a far viaggiare le merci sui binari. Dal 2008 l’azienda barese è a tutti gli effetti uno dei concorrenti dell’ex monopolista pubblico, rappresentato da Ferrovie dello stato che sotto la guida di Mauro Moretti ha aperto le porte a operatori privati lungo la rete di Rfi pur mantenendo una posizione di predominio (oggi Trenitalia opera nel trasporto logistico ferroviario attraverso Mercitalia Rail).

 

In dieci anni si è aperto piano piano un mercato in cui la Gts si è subito infilata riuscendo così a integrare la storica attività di famiglia con una vera impresa ferroviaria che oggi dispone di un parco di mezzi propri costituito da 350 carri ferroviari e 15 locomotive (con tanto di personale specializzato, macchinisti e capi stazione compresi). E ogni anno organizza e gestisce 4.200 treni merci che corrono lungo la rete che passa per la Turchia e la Grecia per arrivare fino in Olanda, Belgio e Francia e approdare nel Regno Unito. Più di mille clienti, soprattutto grandi industrie esportatrici, italiane (per esempio, Barilla), ma soprattutto straniere (con cui viene realizzato il 70 per cento del fatturato): Bridgestone, Nestlé, Ikea, Heineken, per citarne qualcuno. Ci sono poi clienti con un peso strategico: se la multinazionale giapponese Asai ha spostato buona parte della produzione della Birra Peroni a Bari è anche perché ci sono i treni di Gts che la trasportano fino a Londra, mercato che il brand italiano sta cercando di conquistare.

 

“Siamo convinti da tempo che le merci viaggeranno sempre di più su rotaie che su gomma”, spiega Muciaccia, “E ora lo chiede l’Unione europea ai paesi membri per motivi di sostenibilità ambientale: si inquina meno e si riduce il numero di incidenti stradali. Attualmente viaggia su ferro solo il 5 per cento delle merci, occorrerà arrivare ad almeno il 30 per cento entro il 2030”.

 

Su questa previsione la Gts sta basando un progetto di sviluppo che coinvolge il futuro della famiglia Muciaccia (che con la quotazione in Borsa apre le porte a nuovi investitori collocando il 30-40 per cento delle azioni) e quello dei suoi 170 dipendenti, molti dei quali assunti tra pre-pensionati ed esuberi delle Ferrovie dello Stato. Con un passaggio generazionale già avvenuto in modo indolore, l’impresa barese guarda con particolare ottimismo al futuro: “Stiamo valutando la quotazione sull’Aim, il mercato di Borsa delle piccole imprese, che in questo momento gode dell’effetto positivo dei Pir, ma non escludiamo l’ipotesi di sbarcare sul listino principale. Ci troviamo in una fase delicata che impone una certa riservatezza: sono in corso tutte le opportune valutazioni e a breve daremo mandato a un advisor finanziario”, dice l’imprenditore.

 

Ma qual è l’obiettivo finale? “Fare un salto di qualità in un settore complesso che richiede investimenti ad alta intensità di capitale”. E non è detto che Muciaccia non guardi anche molto oltre, lui che il trasporto dice di averlo nel sangue: “Diciamo che è presto per fare altri progetti, ma se facciamo viaggiare le merci perché non potremmo fare lo stesso anche con le persone?”. Chissà, forse Piazza Affari ha perso il treno di Italo, comprato da un fondo americano in luogo della Ipo, ma un domani potrebbe accogliere quello della Gts, facendo le opportune distinzioni sul piano delle dimensioni. Ma per Muciaccia vale il detto di Steve Jobs: “Be foolish”.

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