L'ultimo scontro a “Fort Valtellina” sulla riforma delle banche popolari
La Popolare di Sondrio apre il dossier Cari Cento. Ma il fondo inglese Amber Capital chiede la trasformazione in Spa. E il suo avvocato ricorda: “Rilevante investimento su richiesta del governo”
Milano. Con la mossa di rilevare la Cassa di risparmio di Cento, piccola ma di antiche tradizioni azienda di credito, radicata nel ricco triangolo Ferrara-Bologna-Modena, la Banca popolare di Sondrio ha aperto un nuovo fronte proprio nel momento in cui sembra non avere più margine per rinviare la trasformazione in società per azioni a cui si sta opponendo da tre anni.
Nei giorni scorsi, infatti, la Corte Costituzionale ha sciolto tutti i dubbi sulla legittimità della riforma varata nel 2015 dal governo Renzi mettendo, di fatto, le ultime due banche “ribelli”, cioè la Popolare di Bari e quella di Sondrio, di fronte all’obbligo dell’adempimento. Ma mentre in Puglia la notizia è stata accolta quasi con sollievo – anche perché questo diventa un modo per uscire da una lunga fase di incertezza – in Valtellina continuano a essere molto dubbiosi sul da farsi visto che in ballo c’è la famigerata autonomia di un banca che ha una base di 270 mila soci e difende la sua “bio diversità”, posizione questa sostenuta strenuamente da un gruppo di soci ‘eccellenti’ guidato dall’economista Marco Vitale.
Nessun dubbio mostra invece la Sondrio sulla volontà di espansione territoriale, forte com’è dei risultati di gestione ottenuti finora (160 milioni l’utile netto del 2017) e di una presenza che dalle valli valtellinesi si è propagata non solo in tutta la Lombardia, ma anche in Veneto, Lazio e Liguria, varcando il confine con la Svizzera. Così il consiglio di amministrazione presieduto da Francesco Venosta ha deliberato di sottoporre all’Assemblea dei soci della banca, convocata per il 27 e 28 aprile, l’aumento di capitale da 40 milioni di euro finalizzato all’acquisizione delle azioni della Cassa di Risparmio di Cento dalla omonima Fondazione con la quale sono in corso trattative “in fase avanzata di negoziazione”.
Ma proprio l’affaire Cari Cento rischia in questa fase di inasprire ulteriormente i rapporti tra i vertici della banca e il fondo inglese Amber Capital, che pur essendo il primo azionista con una quota superiore al 5 per cento non detiene lo status di socio. Come mai? Un tipico effetto ‘collaterale’ della governance delle popolari ante-riforma che prevede il voto capitario (una testa, un voto) e una specifica richiesta condizionata al gradimento da parte del consiglio per gli azionisti che intendono accedere alle assemblee esercitando i diritti di socio.
Al di là delle questioni formali, il punto è che con l’aumento di capitale destinato all’assorbimento delle Cari Cento, Amber, così come altri investitori, rischiano la diluizione nel capitale. Eppure il fondo inglese, che in Italia detiene partecipazioni anche in Parmalat, Ansaldo Sts e Mediaset, ha investito oltre 80 milioni nella Popolare di Sondrio a inizio del 2017 (appena dopo il varo della riforma) puntando proprio alla sua trasformazione in società per azioni, assetto nel quale avrebbe potuto esercitare il peso di primo azionista partecipando alla gestione strategica. Da allora, invece, la sua posizione è rimasta pressoché congelata visto il lungo contenzioso giudiziario che si è innescato sul tema popolari.
Per capire gli interessi in gioco basta ascoltare la registrazione dell’intervento dell’avvocato di Amber, Pasquale Cardellicchio, davanti alla Corte Costituzionale durante l’udienza pubblica del 20 marzo: “Sono qui per rappresentare la posizione di un investitore internazionale che ha fatto un rilevantissimo investimento nella Banca popolare di Sondrio. Amber è stato invitato dal governo italiano a investire e oggi non vedo altri investitori istituzionali presenti, tanto meno la banca popolare di Sondrio che dovrebbe invece tutelare la posizione di Amber…”, dice come possibile sentire in questa registrazione di Radio Radicale.
Il pronunciamento della Consulta a favore della piena attuazione della riforma avrebbe dovuto fugare tutti i dubbi, ma successivamente la Pop. di Sondrio ha dichiarato che “non appena il quadro normativo sarà pienamente chiarito, l'amministrazione assumerà le iniziative volte a garantire, come sempre, il pieno e tempestivo rispetto degli obblighi di legge”. Che cosa vuol dire? Probabilmente che mentre il tema della trasformazione è stato ormai digerito, è in atto ancora una riflessione su “come” tutto questo potrà avvenire. Persiste, cioè, l’ipotesi della creazione di una holding intermedia di soci che controlli la spa operativa, soluzione caldeggiata dal giurista Fausto Capelli che in questi anni ha rappresentato le ragioni dei soci di Sondrio che si sono coagulati intorno a Marco Vitale, ottenendo, peraltro, anche una sentenza favorevole del Consiglio di Stato, che dovrà ancora pronunciarsi sui termini per il perfezionamento della riforma e, in parte, sulle modalità operative. Il problema, però, è che la holding intermedia è stata esclusa esplicitamente da Banca d’Italia, che ha visto in un’architettura societaria simile un escamotage per eludere il senso della riforma. E non è detto che tale schema trovi l’appoggio da parte della Banca centrale europea, che vigila direttamente la popolare valtellinese.