La danza degli squali delle telecomunicazioni
L’establishment si compiace di aver respinto Bolloré in Tim. Niel di Iliad aspetta in acque profonde
Roma. Con l’irruzione dello stato nell’azionariato di Tim, attraverso Cassa depositi e prestiti, e con la recente alleanza di Mediaset con Sky per la condivisione di piattaforme e contenuti tra l’establishment politico si fa largo l’idea che la “campagna d’Italia” di Vincent Bolloré con la sua Vivendi sia ormai a un punto morto. Con un atteggiamento paragonabile al nazionalismo economico “trumpiano”, il governo uscente e i partiti eletti il 4 marzo hanno avallato l’ingresso di Cdp in Tim in convergenza con il fondo attivista americano Elliott per respingere lo “squalo” francese. Elliott ritiene che il potere di Bolloré nella prima compagnia telefonica d’Italia, di cui possiede il 23,9 per cento delle azioni, ha superato i limiti di tolleranza perché nuoce agli azionisti visto che il titolo Tim ha perso il 30 per cento circa da quando Vivendi ha occupato il cda e assunto la guida operativa. Il fondo attivista ha chiesto un rimpasto dell’organo di governo societario, ma il 28 marzo scorso Vivendi ha risposto con le dimissioni in blocco dei suoi otto consiglieri (su quindici in totale) facendo così decadere il consiglio.
Ora, in vista dell’assemblea del 24 aprile, gli azionisti stanno organizzando le truppe per rinnovare il cda. I proxy advisor, Institutional Shareholder Services (Iss) e Glass Lewis, che sollecitano i soci a votare per una o l’altra lista di candidati, sono pesantemente schierati per Elliott, salita intanto all’8,8 per cento di Tim, perché giudicano la guida francese penalizzante per la compagnia telefonica – pur apprezzando l’ad Amos Genish, scelto da Vivendi – e caldeggiano lo scorporo della rete fissa con l’ingresso dell’operatore pubblico Open Fiber di cui Cdp è azionista insieme a Enel in una futura “società della rete”. Resta da vedere se la prossima assemblea sarà decisiva o se andrà deserta, rimandando la votazione a quella successiva del 4 maggio. La sensazione che Bolloré stia boccheggiando deriva soprattutto dalla svolta di Silvio Berlusconi che si è alleato con un altro “squalo” dei media, Rupert Murdoch, per il passaggio a Sky, oggi controllato dalla Walt Disney, di Mediaset Premium, la pay tv che avrebbe dovuto costituire la gamba italiana della “Netflix europea” sognata da Bolloré prima di rompere con il Cav. Se l’arrembaggio di Bolloré è stato respinto grazie anche a Murdoch, c’è un altro “squalo” francese delle telecomunicazioni che aspetta in acque più profonde. Xavier Niel, imprenditore miliardario tendenza gauche nonché co-proprietario del Monde, potrebbe prossimamente riaccendere istinti revanscisti a queste latitudini con il debutto della sua Iliad in Italia. Da due anni Iliad, con Free Mobile, ambisce a diventare il quarto operatore della telefonia mobile dopo Wind-3, Tim, Vodafone e Poste Mobile. Dopo avere ritardato il debutto, sembra che le operazioni potrebbero iniziare questa primavera. Ieri il sito universofree.com, dove sono organizzati contenuti editoriali sulla compagnia di Niel, ha annunciato la prossima apertura del primo negozio di Iliad a Roma, in un centro commerciale Auchan. Con la catena francese, infatti, Niel ha un accordo per installare distributori di tessere sim in 43 punti vendita nella penisola. Per ora al centro commerciale a Roma est c’è solo un cartellone che dice: “Pronti per la rivoluzione?”.
La rivoluzione attesa da Iliad è di quelle paragonabili ai “disruptor” della Silicon Valley, capaci di spaccare i concorrenti del “vecchio mondo” e adescare clienti con prezzi iper-competitivi dei servizi. C’è dibattito sulla portata rivoluzionaria di Free che punterebbe al 10 per cento del mercato nel primo anno di operatività. Mediobanca Securities chiama Iliad il “fantasma francese”, perché fa sì paura, ma i fatti sono da vedere. CreditSights, società di analisi inglese, dice che non sarà “distruttiva”, ma che ha il potenziale per imprimere una spinta concorrenziale insidiosa per Wind-3. Benché sia leader per quote di mercato, la compagnia sino-russa al momento sta soffrendo (nel quarto trimestre 2017 i ricavi da servizi di telefonia sono caduti dell’8,1 per cento). In Francia, Free ha superato appena Bouygues Télécom per copertura della rete veloce 4G proseguendo una storia di successo che ha reso celebre Niel. Oltralpe però Free partiva da una base di 5 milioni di clienti che aveva sulla rete fissa, poi passati al mobile. In Italia non c’è questo zoccolo duro di clienti, e le altre compagnie fanno già offerte competitive. “Non posso ancora rivelare i nostri prezzi, ma vi posso assicurare che saranno ultra competitivi. Vedrete, stupiremo. Noi stringiamo un patto con i nostri clienti: niente trucchi, niente costi aggiuntivi nascosti, ma libertà”, ha detto Benedetto Levi, giovane ad di Iliad in Italia. Levi, 29 anni, laureato ingegnere al Politecnico di Torino, un master in management alla business school École Spéciale de Commerce et d’Industrie di Parigi, sarà al comando di una squadra di manager italiani. La giovane età, da un lato, può essere garanzia di dinamicità, dall’altro, può dare indicazioni sulla strategia di Iliad. Se Niel sceglie un giovane è possibile che si aspetti di guidare la macchina da Parigi (altrimenti avrebbe potuto scegliere un “pezzo grosso”). Per lo stesso motivo, allevare un dream team di talenti può rivelare l’intenzione di preferire alla tattica dell’irruzione in un’Italia anti francese quella dell’attesa paziente sul fondale. Bolloré docet.