Nella battaglia (mediatica) per Tim la Cdp può fidarsi della cangiante Elliott?
È probabile che la Cassa depositi e prestiti, controllata dal Tesoro, decida di appoggiare il fondo americano. Ma se la motivazione è il processo di separazione della rete, forse dovrebbe fare qualche valutazione
Roma. I preparativi al confronto di venerdì 4 maggio in assemblea degli azionisti di Tim sono stati caratterizzati da una battaglia mediatica imponente. Per dare una misura basti dire che l’amministratore delegato di Tim, Amos Genish, prima non così celebre in Italia, è stato il secondo manager di Piazza Affari più citato dai media tra il 27 marzo e il 26 aprile (1.165 volte contro le 1.269 di Sergio Marchionne di Fca), dice un sondaggio di Mediamonitor.it. Alla vigilia di un’assemblea che dovrà decidere il rinnovo del cda, il confronto tra il principale azionista, la media company francese Vivendi, e l’avversario, il fondo attivista Elliott management, è descritto come serrato.
La Cassa depositi e prestiti, controllata dal Tesoro, potrebbe essere l’ago della bilancia con il suo 5 per cento delle quote. L’agenzia Bloomberg ha battuto la notizia secondo cui “Cdp Said to Back Elliott in Telecom Italia Vote” (“Si dice che la Cdp appoggerà Elliott nel voto per Tim”). Il motivo? “La banca di proprietà statale vede Elliott come un veicolo per spingere Tim ad accelerare una separazione della sua rete al fine di creare un operatore indipendente in grado di aumentare gli investimenti nella rete in fibra, hanno detto fonti a conoscenza della situazione”, dice Bloomberg. La notizia non è confermata. Ma è comunque probabile che Cdp appoggi davvero Elliott dal momento che il suo ingresso in Tim è avvenuto a rimorchio del fondo dopo le elezioni del 4 marzo, e visto che il governo uscente non ha mai nascosto un sentimento antifrancese verso la compagnia di Vincent Bolloré.
Ma se la motivazione è il processo di separazione della rete, Cdp dovrebbe valutare l’affidabilità del partner. Il comportamento tenuto finora da Elliott non aiuta in questo senso. In due mesi circa , da una posizione estremamente critica di Vivendi e del piano industriale dell’ad Genish – scelto da Vivendi – è arrivata ad appoggiare quel piano e il manager; una capriola. “Sulla base della nostra vasta ricerca crediamo fermamente che ci potrebbe essere un rialzo materiale per gli azionisti se un consiglio indipendente dovesse adottare misure per migliorare la direzione strategica e la governance” (lettera agli azionisti, 6 marzo). “La cattiva amministrazione sotto il consiglio controllato da Vivendi ha provocato profonde questioni di corporate governance, uno sconto [per il titolo] e nessun chiaro percorso strategico in avanti” (presentazione per investitori, 9 marzo).
Nel piano si propongono azioni che Tim aveva già valutato, e scartato, rilanciandole per “una società più forte” come la valorizzazione di Inwit (antenne), vendita di Tim Brasil, e il deconsolidamento della rete da Tim con l’eventuale ingresso di altri soci. Il piano di Genish prevedeva invece la separazione legale della rete da tenere però al 100 per cento sotto il controllo di Tim. Ora Elliott dice che “non esiste un piano aziendale alternativo. Elliott e le sue proposte di candidati indipendenti sostengono pienamente il signor Genish” (lettera agli azionisti, 30 aprile). E i piani alternativi per Inwit e Tim Brasil, prima in cima alla rivoluzione Tim? Non sono più citati. Poi c’è la giravolta più vistosa, quella sulla modalità di separazione della rete e sulla possibilità di ingresso di altri azionisti nella società della rete (NetCo). “Riteniamo che il deconsolidamento di NetCo e Sparkle (cavi sottomarini, ndr) potrebbe consentire a Tim di massimizzare il valore delle sue attività e portare la leva in linea con i concorrenti” (9 marzo). E’ util\e ricordare che l’ingresso di altri operatori nella società della rete è il motivo per cui Cdp è entrata in Tim e appoggerebbe Elliott. “Riteniamo che ServiceCo debba continuare a controllare NetCo anche dopo la separazione strutturale” (30 aprile). Ovvero: ora Elliott ritiene che Tim debba controllare la società della rete e quindi addio al progetto di public company. E’ vero che Cdp è socio di Tim e potrebbe perciò influire sulla futura società della rete pure se controllata da Tim. Ma perché Cdp dovrebbe sostenere un socio che ha cambiato idea rispetto ai suoi desiderata? La neutralità è forse la posizione più elegante da tenere in assemblea.