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Foodora e Deliveroo non sono i colpevoli del precariato. Idee dalla Bbc

Eugenio Cau

Perché in Italia le inchieste sul food delivery hanno toni da apocalisse mentre nel Regno Unito i giornalisti si interrogano sulla qualità del servizio

Roma. La scorsa settimana, la britannica Bbc ha mandato in onda un’inchiesta sull’industria del food delivery: Foodora, Deliveroo e gli altri. Da qualche tempo in Italia, quando inchieste di questo tipo vanno in onda o sono messe in pagina, il tono sfiora l’apocalisse: precariato, sfruttamento, disgregazione del mercato del lavoro sono i temi dominanti. L’inchiesta della rete britannica, tuttavia, aveva un altro centro d’interesse: gli hamburger arrivano freddi. Il giornalista inglese ha ordinato tre panini dallo stesso ristorante usando tre servizi diversi (Deliveroo, Foodora, UberEats) e ha misurato la temperatura del pranzo infilando un termometro alimentare nei pezzi di carne. Erano valutate anche la velocità di consegna e la qualità del servizio. Insomma: nel Regno Unito, la rete pubblica parla dell’industria del food delivery con serenità ed entrando nel merito del servizio, mentre in Italia pare sia in corso un’emergenza sociale spaventosa. Le ragioni di questa differenza sono due: la prima riguarda la bolla giornalistica italiana, tendente al sensazionalismo; la seconda riguarda le differenze tra i mercati del lavoro italiano e inglese (europeo, in generale).

  

Ricapitoliamo. Deliveroo e gli altri sono moderni servizi di fattorinaggio o pony express. Armati di app e bicicletta, i fattorini (rider) ricevono gli ordini di consegna sullo smartphone, prelevano gli ordini dal ristorante scelto e lo portano al cliente. Le aziende come Deliveroo, alla pari di Uber, fungono da piattaforma: collegano rider, clienti e ristoranti, e non inquadrano i rider in nessun tipo di contratto: si tratta di prestazioni occasionali che sono pagate pochi euro a consegna. Da anni i rider protestano per ottenere migliori paghe e condizioni. Non soltanto in Italia: dal Regno Unito all’Australia, ci sono state manifestazioni e cause giudiziarie. L’ultima di queste è stata intentata in sede civile contro Foodora presso il Tribunale di Torino, che in primo grado ha dato ragione all’azienda e lunedì ha pubblicato le motivazioni della sentenza, in cui si legge che tra azienda e fattorini non vi è un rapporto di natura subordinata, e dunque i rider non possono pretendere di essere riconosciuti come dipendenti.

  

Al netto di questa dialettica normale, ovunque nel mondo c’è la consapevolezza piuttosto diffusa che Deliveroo è un servizio di pony express, un lavoro iperflessibile e a bassissimo valore aggiunto. I rider possono protestare, l’azienda può fare concessioni (Deliveroo ieri ha annunciato che pagherà l’assicurazione sanitaria ai suoi rider), ma si tratta pur sempre di pony express. Non in Italia: in Italia, dice la vulgata giornalistica, il food delivery è un fattore predominante dell’emergenza precariato.

  

Anzitutto ridimensioniamo questa emergenza: i rider di Deliveroo in Italia sono 1.300, stessa cifra per Foodora. Ma il problema principale, come spiega al Foglio Francesco Seghezzi, direttore della fondazione Adapt, è che “mentre per esempio nel Regno Unito i servizi di food delivery trovano un bacino d’utenza definito, in Italia questi servizi sono diventati una soluzione d’emergenza per chiunque si trovi in una situazione difficile nel mercato del lavoro”. Servizi come Deliveroo e Foodora, che all’estero contano su rider tendenzialmente giovani e pronti al lavoro flessibile, in Italia trovano un mercato del lavoro molto più facile da cannibalizzare, composto di “lavoratori che devono integrare un reddito insufficiente, disoccupati quaranta-cinquantenni che faticano a rientrare nel mondo del lavoro, immigrati che con questi servizi lavorano evitando grane burocratiche, studenti che faticano a mantenersi”, elenca Seghezzi. “In molti altri paesi d’Europa queste categorie sono minoritarie”.

  

Come è ovvio, l’industria del food delivery approfitta allegramente di un mercato del lavoro così vulnerabile, ma è difficile incolparla per un’inflazione di lavoratori troppo deboli per avere vero potere contrattuale. Se in Italia fanno sensazione le storie di architetti quarantenni costretti a consegnare le pizze con Deliveroo, da un lato è perché i media amano pasteggiare sulle tragedie (anche quando sono eccezioni), e dall’altro è perché mancano lavori più produttivi. Deliveroo è la conseguenza, non la causa.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.