Perché il sud non ha bisogno di assistenza ma di concorrenza
Storie di imprese meridionali che navigano i mercati tra tecnologia, meccanica, arte e alimentare. Un libro
Pubblichiamo ampi stralci del capitolo “Un altro sud c’è. Ed io l’ho visto” tratto dal libro “Sud, perché no?” di Riccardo Maria Monti (Editori Laterza, 65 pp., 14 euro). L’imprenditore napoletano, presidente di Italferr, già presidente Ice e vicepresidente Simest, offre una visione contraria alla vulgata del piagnisteo anche illuminando casi imprenditoriali di successo mondiale e propone ricette per irrobustire l’economia meridionale.
Le tante difficoltà del sud, il sottosviluppo cronico, che spesso alimenta le mafie e ne è a sua volta alimentato, ci rendono tendenzialmente scettici sul futuro del Meridione. Siamo talmente abituati al fatto che questa terra sia un ricettacolo di guai e di catastrofi, che ogni successo, eccellenza o vittoria finisce per essere considerata quasi una “anomalia”. Così, nei viaggi fatti in lungo e largo per prendere le misure a questo Sud, ho sempre desiderato ribaltare questa prospettiva alla consapevole ricerca di qualcos’altro. Per questo ho cercato e spesso trovato, spingendomi tra le pieghe più profonde di questo territorio, qualcosa che mi aiutasse a pareggiare i conti con quel destino già scritto da altri per noi. E allora, lanciando il cuore oltre l’ostacolo, ho cominciato a collezionare verità inaspettate e segnali positivi, offerti da imprese straordinarie e persone coraggiose, testimonianze di forza e simboli di affermazione, che avrebbero finalmente fatto giustizia di quanto sentivo dire in giro per il mondo del mio sud. Ho trovato storie di un sud. virtuoso e vincente, che spesso dalle difficoltà ha saputo trarre la sua forza: casi da manuale, di buona amministrazione pubblica, di cultura illuminata, di creatività sociale, di valorizzazione del territorio. Ho deciso di raccontarne alcuni, in una carrellata che può accompagnare il lettore a conoscere realtà positive e talvolta sorprendenti.
Siamo talmente abituati al fatto che il Mezzogiorno sia un ricettacolo di guai e di catastrofi, che ogni successo, eccellenza o vittoria finisce per essere considerata quasi una “anomalia”. Viaggio nel sud che non ha bisogno di redditi di cittadinanza perché il reddito lo crea con imprese transnazionali.
La prima delle eccellenze che viene quasi incontro, al confine tra Lazio e Campania è il Cira, un Centro di ricerca per il settore aerospaziale, dove centinaia di ingegneri lavorano alle soluzioni più avanzate e agli esperimenti più complessi per allargare le frontiere della microgravità e della fluidodinamica. Una volta dentro, sembra di essere finiti nella Silicon Valley, in un laboratorio dalla visione internazionale, costantemente connesso ed iperattivo, all’interno del quale la scienza ha preso casa e cittadinanza. Pochi istanti per liberarti da quella sensazione e quella visita al Cira ti accende e si rivela come un esempio, potente e convincente, di come guardare al cielo possa essere il modo migliore per tenere i piedi per terra. Al Cira c’è la più grande galleria del vento del mondo, dove intelligenze di ogni tipo vengono a sperimentare, stratificando su quel territorio qualcosa di immenso e silenzioso, non importa quanto visibile, ma certamente efficace. Uno strato fatto di eccellenza scientifica che si è formato da solo, contro tutti e tutto, inesorabile: se qui sono attratti scienziati da ogni angolo del pianeta, ammirati e colpiti da ciò che trovano in questo luogo, qualcosa deve pur essere successo.
Poco più a sud, puntando a est nell’entroterra si può incrociare un’altra straordinaria presenza. Qui la parola d’ordine è carbonio, o per meglio dire fibra di carbonio, con cui una sorprendente realtà produttiva della Valle Caudina– triangolo sospeso solo in apparenza tra le province di Caserta, Benevento e Avellino – realizza scocche di automobili avanzatissime, interamente in fibra di carbonio. La Tecno Tessile è una figlia talentuosa del gruppo Adler Pelzer, la maggiore azienda industriale del sud, attiva nella produzione di sistemi di insonorizzazione per le auto e altri componenti, con stabilimenti in trenta paesi del mondo. E’ un centro fiorito sulle ceneri di un impianto dismesso del distretto tessile a Airola, in provincia di Benevento, dove l’intuizione di un imprenditore ha fatto la differenza, realizzando l’ennesimo e insperato portento: trasformare un antico impianto dismesso nella radice di una nuova pianta, più forte, più robusta e più moderna. Cose possibili nell’altro sud, che c’è ed ho incontrato. Una dimensione che si conquista al prezzo di qualche chilometro di traffico disordinato, che ti porta d’improvviso davanti a un grande opificio che nel tempo era passato dal rumore e dalla sporcizia delle attività del tessile tradizionale al silenzio dell’abbandono. In quel luogo è arrivato il futuro, un futuro sorprendente, che ha ripulito e trasformato in una struttura di assoluta avanguardia, mentre fuori impera la logica disperata del presente. Una clean room di caratura decisamente internazionale, dove si parla un misto di “napoletano” delle zone interne, stemperato da colorite anglofonie e dove personale qualificatissimo e macchinari sofisticati sembrano essersi dati appuntamento per una danza perfetta: un corpo a corpo, spinto in avanti a ogni piccola evoluzione, nel segno dell’automotive più concreto e tangibile. Automotive, dicevo: uno di quei termini che senti diffusamente se lavori o fai affari a Torino, all’ombra della Fiat di Marchionne, e che un tempo al sud era una anomalia. Oggi invece ci sono tante eccellenze al sud in questo settore, a cominciare dai grandi impianti di Pomigliano e Melfi in Lucania. […]
Andando più a sud nel centro di Napoli, il cuore di uno dei quartieri più antichi e più difficili, la Sanità, ho fatto un’altra delle mie scoperte: un gruppo di giovani alle prese con un insospettabile prodigio. Niente di altisonante, in questo caso, e niente degli inglesismi, neppure accennati. Niente che non si possa ricondurre a una città, come Napoli, destinata a fare i conti con la sua inesauribile vena di conservazione, autentica, ma non per questo meno contemporanea. Proprio all’ombra di quei Quartieri, che cinema, letteratura e politica continuano a raccontare imprigionati dentro stereotipi, col marchio infame di una casbah criminale – o semicriminale a portata di clan – la cooperativa La Paranza il suo piccolo miracolo se l’è cercato e costruito, facendo rinascere una meraviglia praticamente abbandonata: le catacombe di San Gennaro. Un posto meraviglioso, dimenticato quasi da tutti e ignorato dalla stessa cultura cittadina, dove questo gruppo di giovani ha creato dal nulla un business di ospitalità, che ha saputo far rivivere questi anfratti con la più semplice delle operazioni: una moltiplicazione, che visita dopo visita, ha portato 200.000 turisti all’anno, recuperando ricchezza e generando lavoro. […]
Virando decisamente verso est, e puntando sull’Adriatico, può accadere che, nel cuore della campagna pugliese, a due passi dal mare di Monopoli, costeggiando la Statale 16 che punta dritto a Otranto, si possa incontrare, appena nascosto da una fila di palme, un altro piccolo santuario della tecnologia aerospaziale, dove si realizza l’ultraleggero più veloce del modo. E’ la storia di un’eccellenza italiana, che vola letteralmente con un nome stampato sulle carlinghe, e dell’ultimo nato, il biposto BK160-Gabriél, un aereo in fibra di carbonio, che dal primo sussurro sta facendo parlare il mondo. Quel nome è Blackshape, l’azienda che lo ha realizzato. Nata nel 2011 col sostegno di autorevoli investitori locali, già impegnati a controllare lo stato di salute delle ferrovie di tutto il mondo, a fondarla sono stati due illuminati imprenditori, un ingegnere e un avvocato, che hanno messo a frutto un finanziamento a fondo perduto di 25.000 euro della Regione Puglia, puntando su idee chiare e visioni concrete: “Laurearsi con voti alti e il prima possibile, proporre una tesi sul campo con esperienza all’estero, conoscere benissimo almeno due lingue straniere, mai scoraggiarsi e soprattutto seguire le proprie passioni”. Dopo appena due anni dalla fondazione Blackshape ha battezzato la produzione del primo ultraleggero da diporto. Nel gennaio 2013 vede arrivare i primi accordi internazionali di sperimentazione e distribuzione, fino ad occupare, in 4 anni, 70 dipendenti. […]
In Calabria, dove l’altro Sud può sorprenderti ancora, passando per Cosenza, in una delle zone più difficili e remote del nostro Meridione, oggi si trova la terza cuspide di un triangolo impensabile che collega Cosenza a Palo Alto e Tokyo. E’ la storia di una piccola start up, nata nel 2001 e specializzata in sicurezza informatica, la Ntt Data, centro di eccellenza di una multinazionale che ha raccolto sotto un solo tetto esperienze universitarie ed aziende informatiche in un progetto di assoluta avanguardia, che parla al mondo di un sud dalla spiccata identità internazionale. Per arrivarci bisogna fare un bel po’ di chilometri della “Salerno-Reggio Calabria”, qualcuno ancora a corsia alternata per i cantieri, uscire a Cosenza, attraversarla e infilarsi in una stradina di campagna che guarda alla Sila. Quasi nascosta, forse addirittura protetta da un centro commerciale di Rende, un cancello senza insegne ti accoglie in una dimensione quasi irreale e per questo ancora più esaltante. Giovani, tanti, per gran parte al di sotto dei 30 anni, venuti a innervare la città ed il territorio di energia positiva e creativa: un entusiasmo contagioso, che ha significato innovazione e sviluppo e l’occasione per il gruppo Ntt, colosso mondiale da 240.000 dipendenti, di trovare a Cosenza una punta di diamante nella “cyber security”, mirando alla realizzazione di una “teknocity”, progettata per cogliere i segnali delle nuove culture digitali e fare da ponte tra lo sviluppo tecnologico e vita sociale. Un esempio, tangibile e illuminante, di occupazione che cresce e di progettualità che si concretizza, con dati entusiasmanti sulla provenienza universitaria dei neoassunti: negli ultimi tre anni, quasi la metà dei nuovi lavoratori arriva da università del sud. […]
Attraversiamo il mare ed approdiamo al centro del Mediterraneo in Sardegna. Qui, troviamo Terre di Arborea, una realtà produttiva unica, che ha deciso di coniugare al futuro un tempo lontano, con tutta la forza delle sue origini e tutta la potenza ed il realismo industriale di processi innovativi e modelli vincenti. I prodotti sono esportati in Europa e nel mondo. Il tutto, merito di una cooperativa, la 3A (Assegnatari Associati Arborea), sorta nella metà degli anni 50 dall’unione di soci titolari di aziende agricole dislocate in tutta la Sardegna: un numero oggi salito a 226 componenti, che ne fa il principale polo produttivo lattiero-vaccino nell’isola e raccoglie circa il 90 per cento del latte di vacca prodotto in Sardegna. […]
Questo viaggio nel sud migliore rappresenta per me un momento veramente esaltante da tanti punti di vista. La consapevolezza che questo sud già oggi esiste, è forte e può vincere, rappresenta un grande elemento di speranza per il futuro.