Cari Salvini e Di Maio, ora ricordate che i mercati (e i contribuenti) non perdonano
Dopo settimane di annunci anti-euro e immediate smentite, gli occhi della finanza mondiale saranno tutti addosso al governo Conte
Giravolte e piroette in politica sono all’ordine del giorno ed è normale cambiare idea repentinamente. Non solo modificare atteggiamento verso un provvedimento di legge, ma anche cambiare partito e passare alla parte avversa. Non parliamo delle dichiarazioni alla stampa. Il leader del Movimento 5 stelle Luigi Di Maio può permettersi domenica sera di accusare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella di alto tradimento, e l’indomani di dichiarare che “collaborerà con il Colle”.
Viviamo di comportamenti premianti, di incentivi, di enforcement. Se nel mondo politico questi tripli salti carpiati non vengono puniti dagli elettori, il deputato o senatore ha tutto l’interesse a non modificare il proprio comportamento, senza verificarne l’incoerenza. Viceversa, nel mondo economico le cose funzionano in modo completamente diverso. Infatti i mercati finanziari hanno memoria e fanno leva sulla credibilità di una persona, risultante di tutti i suoi comportamenti passati.
Non è un caso quindi che i politici italiani abbiamo l’orticaria per i mercati finanziari, considerati un esoterismo, qualcosa di molto lontano, accusati di ogni nefandezza, se non di violare le regole democratiche e il “volere del popolo”. I mercati votano ogni giorno, anche “con i piedi”, come ha mirabilmente scritto Albert Hirshman. Danno un prezzo alle cose e, se minacci di non restituire il prestito, il creditore chiederà un rendimento maggiore. Lo spread – ossia il differenziale di rendimento tra il titolo a 10 anni italiano e tedesco – si allargherà.
Per anni Salvini, Di Maio e Di Battista sono andati in tv, su Facebook e YouTube a gridare contro l’euro, a invocare un’uscita dalla moneta unica. Non contenti, volevano imporre come ministro dell’Economia Paolo Savona, economista dalle posizioni notoriamente anti-euro, per poi meravigliarsi della reazione negativa dei mercati. Meravigliosa la dichiarazione di Carmelo Barbagallo, segretario generale della Cisl: “Siamo sotto attacco finanziario e mediatico internazionale”. Quindi sono i cattivoni dei mercati che ci attaccano ingiustamente. Ma non è che siamo noi a farci del male da soli?
Il 23 dicembre 1998 per qualche ora, con Carlo Azeglio Ciampi ministro del Tesoro – l'italiano più credibile in assoluto in quel frangente – il titolo governativo tedesco toccò un rendimento maggiore dell’equivalente italiano (spread negativo Btp-Bund). Se abbiamo beneficiato del “dividendo” Ciampi, in mancanza di persone credibili, gli investitori internazionali chiederanno un maggior premio al rischio per detenere titoli italiani. Per cui una fetta maggiore del gettito fiscale dovrà essere destinato alla voce “interessi sul debito”, a scapito della spese per servizi (sanità, welfare).
Dopo il marasma di questa settimana sul mercato dei titoli di stato, nei prossimi mesi qualsiasi dichiarazione o comportamento di un ministro del governo Conte sarà soggetto a un’attenzione spasmodica. Tutti saranno con gli occhi addosso all’euroscettico e “sdegnoso” (alias sprezzante e arrogante) Paolo Savona al ministero delle Politiche Ue; ma saranno attenti anche al ministro dell’Interno e vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini, per anni in giro con la felpa “no-euro”. Ogni minimo accenno all’uscita dalla moneta unica, ogni castroneria uscita dalla bocca di Claudio Borghi (ex trader della Deutsche Bank e consigliere economico di Salvini) ci potrà costare miliardi di euro in termini di maggiori oneri sul debito.
Come ha scritto il governatore Ignazio Visco nelle Considerazioni finali, “bisogna avere sempre presente il rischio gravissimo di disperdere in poco tempo e con poche mosse il bene insostituibile della fiducia”. Abbandonando per un attimo il testo scritto, Visco ha aggiunto che “non ci sono giustificazioni, se non emotive, per quello che sta succedendo sui mercati”. Ci permettiamo di essere in disaccordo con Visco. Infatti una reazione anche “emotiva” sui mercati può impattare sui fondamentali di un paese. Come ha spiegato il finanziere-filantropo George Soros, sui mercati finanziari vale la “teoria della riflessività”, secondo la quale il rapporto fra fondamentali (deficit, livello dei tassi di interesse, tasso di occupazione, tasso di crescita del pil) e prezzi è circolare, cioè i fondamentali influiscono sui prezzi che, a loro volta, influiscono sui fondamentali.
Soros rileva in “Alchemy of finance” (Wiley & Sons, 1994) e in “Soros on Soros” (Wiley & Sons, 1995) che “i partecipanti al mercato non possono fondare le loro decisioni sulla semplice conoscenza, e che le loro percezioni parziali possono influenzare non solo i prezzi di mercato ma anche i fondamentali che quei prezzi dovrebbero riflettere”. Alcune volte, sui mercati si crea una spirale e un progressivo allontanamento dei prezzi dai fondamentali fino a creare situazioni di sotto o sopravvalutazione a cui, una volta esaurite, seguirà un rapido riallineamento dei prezzi ai fondamentali. Secondo Soros “è falso e fuorviante pensare che i mercati finanziari tendano verso un equilibrio naturale”.
Se prendiamo in considerazione il caso italiano vediamo come un rialzo dei tassi di interesse su tutto l’arco della curva – come è successo nelle terribili giornate di lunedì e martedì scorsi – ha inciso profondamente sul costo del debito e quindi i mercati hanno impattato sui fondamentali dell’Italia, rendendo il costo degli interessi più gravoso. Servirà un maggior gettito fiscale per coprirlo. Se ne deduce che ha ragione Soros: “I mercati non possono scontare correttamente il futuro perché non si limitano ad anticiparlo, ma contribuiscono a crearlo". Cari ministri, state molto attenti nel corso di questa legislatura, perché i mercati non perdonano, tutelando indirettamente il contribuente, che alla fine è colui che paga le dichiarazioni o i comportamenti maldestri della classe politica.