Il quartier generale di AT&T a Dallas, Texas. Foto LaPresse

Lezioni per l'Europa dall'accordo tra AT&T e Time Warner

Andrea Giuricin

Il deal da 85,4 miliardi di dollari segna la direzione verso cui si muoverà il mercato delle telecomunicazioni. Un settore dove le dimensioni contano e conteranno sempre più

Il mondo delle telecomunicazioni e dei media non sarà più lo stesso dal 13 giugno, data epocale che segna nel settore un prima e un dopo. Un giudice federale ha infatti affermato che la fusione tra AT&T e Time Warner si può fare, dimostrando di fatto che non ci sono pericoli per la concorrenza.

  

AT&T è la prima compagnia americana di Tlc che qualche anno fa ha espanso le proprie mire anche al mondo dei media, acquisendo nel luglio del 2015 Directv. Time Warner controlla invece i principali operatori media americani quali Hbo o la Cnn. Con questo deal da 85,4 miliardi di dollari, il mondo dei media è destinato a cambiare ancora di più, perché è ormai evidente che le compagnie di telecomunicazioni, per sopravvivere e prosperare, devono per forza andare verso un’integrazione verticale. La concorrenza infatti è da intendersi non solo in senso orizzontale e geografico (e in un’ottica globale), con i grandi player cinesi che sono sempre più aggressivi, ma anche e soprattutto in senso verticale.

  

I grandi competitor di AT&T sono ormai operatori come Google, Amazon o Facebook, i quali stanno producendo sempre più contenuti, e non più solo le tradizionali compagnie telefoniche. La trasmissione del dato non basta più, ma è il content che diventa essenziale: la grande battaglia si vince sui contenuti e AT&T è forse la prima azienda ad avere compreso tutto questo, prima con l’acquisto di Directv e adesso con il merger di Time Warner.

  

Il consolidamento è dunque un passaggio necessario ed è interessante comprendere le motivazioni alla base della scelta del giudice federale: la competizione è ormai verticale e non ha senso bloccare accordi come quello tra AT&T e Time Warner perché la competizione è ampia. Così a breve potremmo aspettarci che Netflix sia acquistata o acquisti qualche operatore in questo nuovo grande mercato. Un mercato che si è allargato in maniera spaventosa, tanto che per il consumatore non è più dannoso il confronto con giganti sempre più grandi.

  

La stessa AT&T non è un colosso se messo a confronto con Google o Amazon, ma un operatore che finalmente può cercare di giocarsela alla pari. Ormai, infatti, non si parla più del business delle sole telecomunicazioni, ma di quello che comprende tutti i media, Pay tv e giganti di internet inclusi, passando anche per operatori specializzati nell’e-commerce. La tecnologia sta spostando sempre di più l’asticella del dimensionamento del mercato e questo è evidente anche in settori che potrebbero sembrare lontani, quali ad esempio l’automotive. Sono operatori come Uber o anche Google e Tencent, colosso cinese tecnologico con una capitalizzazione simile a quella di Facebook, ad essere entrati nel mercato dei veicoli autonomi. E sono questi player che avranno un ruolo sempre più importante anche quando il mercato del 5G verrà sviluppato nel prossimo quinquennio: la comunicazione machine to machine (M2M) sarà il prossimo campo di battaglia e non basteranno solo grandi investimenti per lo sviluppo delle reti, ma serviranno anche delle applicazioni. Questo permette di immaginare che il mercato si estenderà ancora di più in futuro e che la “fame” di fusioni tra operatori sia solo all’inizio.

  

In questo movimento, sono soprattutto le aziende americane ad aver compreso lo sviluppo del settore: a livello europeo è tutto più lento e soprattutto le dimensioni sono sempre più piccole. E le dimensioni contano, in questo mercato dove c'è da combattere con i grandi player emergenti cinesi e asiatici in generale. Il nanismo italiano ed europeo, anche per via della mancanza di un vero e proprio mercato unico digitale, sta di fatto rendendo l’Europa quasi insignificante in tutto questo. La decisione del giudice americano su AT&T può essere una lezione non solo per le aziende europee, ma anche per i regolatori, indicando loro la direzione da intraprendere. Troppo spesso fino a ora le autorità europee si sono dimostrate molto caute nel comprendere questo nuovo enorme mercato globale.

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