Draghi stacca la spina del Qe. Ecco cosa può succedere in Italia
La Bce ha deciso di stringere sull'acquisto di titoli di stato e ora l'Europa dovrà vedersela con un'economia non più protetta. Gli effetti sulle banche e l'accesso dei privati al credito
La Banca centrale europea sospenderà il suo programma di acquisto di titoli di stato da gennaio 2019, iniziando con il dimezzamento della spesa mensile, a partire da settembre, che sarà pari a 15 miliardi di euro fino a dicembre. La decisione annunciata da Mario Draghi al termine del consiglio direttivo della Bce oggi pomeriggio non è una sorpresa, ma le tempistiche previste sono forse più audaci di quanto i mercati non si aspettassero. La fine del Quantitative easing – che in tre anni si è tradotto in una crescita aggiuntiva per l'economia dell'Eurozona pari a 1,9 per cento del pil – sarà comunque mitigata dall'impegno di mantenere i tassi ufficiali ai livelli attuali fino all'estate del 2019 (0% il tasso di riferimento, 0,25 quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale, -0,40% quello sui depositi alla Bce). Inoltre la Bce ha previsto di proseguire la propria politica di reinvestimenti del capitale rimborsato sui titoli in scadenza, garantendo così nuovi acquisti di titoli di stato. Anche questa volta Draghi ha lasciato aperti spiragli per garantire, in caso di difficoltà, che l'ombrello della Bce può essere riaperto: "Gli acquisti restano parte degli strumenti di politica monetaria" che "potranno essere utilizzati in particolari situazioni".
L'economia dell'Eurozona sta rallentando rispetto a qualche mese fa, ha detto Draghi, e per alcune economie in particolare la fase di debolezza potrebbe proseguire nei prossimi mesi. "C'è stato un innegabile aumento dell'incertezza, in gran parte per ragioni geopolitiche", ma non è il caso di "drammatizzare troppo i cambiamenti politici", ha avvertito Draghi, come quello avvenuto in Italia. Anche se "i più recenti indicatori economici sono più deboli, rimangono in linea con una espansione economica solida e ben diffusa", nonostante le debolezze locali: l'aumento dei rendimenti dei titoli di Stato italiani è legato a "un episodio locale" e "non c'è stato alcun contagio". Insomma, è il momento di staccare la spina e la situazione "locale" dei singoli paesi, Italia per prima, non può influenzare scelte che riguardano l'intera Eurozona.
La nuova fase della politica monetaria europea era stata definita da uno dei maggiori investitori mondiali in obbligazioni, Pimco, uno scenario "horror" per l'Italia, che senza gli stimoli economici della Bce finirebbe per avere enormi difficoltà a vendere il suo debito. "Gli interessi saliranno, in una situazione di crescita stentata e di difficoltà a ridurre il debito e attuare riforme strutturali; l'Italia potrebbe essere costretta a un bail-out e il costo dell'indebitamento potrebbe diventare insostenibile", spiegava un responsabile della società americana al Telegraph. Previsioni fatte circa un anno fa, quando l'ipotesi di un governo intenzionato a promuovere politiche fiscali espansive era ancora lontana.
Secondo Francesco Bruni, docente di Politica monetaria internazionale alla Bocconi, nel breve periodo potrebbe essere l'economia privata italiana a risentire degli effetti della fine del Qe, più che i conti pubblici. "Quello che dobbiamo aspettarci è l'aumento dei tassi, ma non è questo che metterà la finanza pubblica fuori posto: la scadenza del debito è a lungo termine e saranno i rinnovi a essere fatti a tassi più alti, quando sarà, ma si tratta di una parte relativamente piccola del debito. L'effetto potrebbe vedersi invece sui prestiti alle imprese e alle famiglie: con i tassi marginali che salgono anche le banche alzano i tassi di interesse su prestiti e mutui. I portafogli delle banche sono pieni di titoli a lungo termine, e tutte le volte che si alzano i tassi i prezzi scendono e le azioni delle banche soffrono. Passa anche da qui la difficoltà di accesso al credito per i privati". Ma alle condizioni attuali le scelte di Draghi garantiscono ancora liquidità, visto che la Bce ha prospettato di continuare a comprare titoli di stato reinvestendo quelli in scadenza. Un passaggio che non è scontato rimanga tale, quando nel 2019 saranno sostituiti i vertici dell'Eurotower. "Secondo quanto ha detto Draghi oggi, la Bce continuerà ad acquistare titoli per uno o due anni almeno. Ma le cose potrebbero cambiare se Draghi fosse sostituito da qualcuno con idee molto diverse". E a quel punto cambierebbe tutto anche per l'Italia, che in questa finestra di tempo ha l'occasione di dare segnali di credibilità ai mercati finanziari. Intanto è il contesto globale a preoccupare. "Il Qe era forse inevitabile quando è stato introdotto, e per questo si può perdonare la Bce per aver intrapreso una politica monetaria iperattiva. Ma è stato mantenuto troppo a lungo. Ora è chiaro che non è più possibile continuare, ma si potrebbero avere brutte sorprese: la congiuntura internazionale potrebbe cambiare e l'inflazione scendere".