Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Compromessi first. Sui rider il cambiamento può attendere

Maria Carla Sicilia

Luigi Di Maio ha deciso di mettere da parte il “decreto dignità” per riformare le regole delle piattaforme digitali e ha preferito aprire un tavolo per seguire la trattativa tra le parti

Roma. Dopo un primo confronto con i rappresentanti delle aziende di food delivery, il ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha deciso di mettere da parte il “decreto dignità” per riformare le regole delle piattaforme digitali e ha preferito aprire un tavolo per seguire la trattativa tra le parti. La prima rinuncia che salta agli occhi rispetto ai propositi iniziali è quella che riguarda l’assunzione dei fattorini con contratti di lavoro subordinato, richiesta inserita nel primo dei sette articoli del decreto rivolto a tutti i lavoratori delle piattaforme online, da Uber ai più svariati siti che offrono servizi attraverso forme di contratti autonomi. La seconda è proprio la restrizione del campo di azione, con la scelta specifica di focalizzarsi sui rider e lasciare per il momento da parte il complesso mondo della “gig economy”.

 

Come ha spiegato Di Maio con un post successivo alla riunione, “i punti che devono rimanere fermi” nella trattativa sono il riconoscimento di obblighi e responsabilità precise tra le parti; un contratto che garantisca la certezza del diritto; un compenso minimo inderogabile; un rimborso forfettario per la manutenzione della bici o dello scooter; l’iscrizione obbligatoria Inps e Inail a carico del datore di lavoro; ferie, riposo e diritto alla disconnessione. Della bozza di decreto, sul tavolo con Deliveroo, Domino’s Pizza, Foodora, Glovo, Moovenda e JustEat, nemmeno l’ombra. Ma Di Maio ha avvertito: “Se poi il tavolo non dovesse andar bene interverremo con la norma che avevamo progettato”.

 

  

Parte di questi “punti fermi”, i più onerosi, sono già applicati da alcune delle piattaforme coinvolte. E realisticamente, visto “lo spirito di collaborazione” con cui si è svolto il tavolo, un accordo tra aziende e riders che soddisfi le richieste del ministro è possibile e meno traumatico del previsto. Un buon compromesso potrebbe essere l’adozione di contratti per i lavoratori parasubordinati (i co.co.co.) che alcune delle piattaforme coinvolte, come Moovenda e la stessa Foodora, utilizzano già, andando verso l’abolizione delle prestazioni occasionali con ritenuta d’acconto e delle partite Iva (modello Deliveroo e Glovo). Poi, il “compenso minimo inderogabile”, su cui, stabilita la base, ogni piattaforma avrà modo di contrattare con i propri fattorini.

 

Un punto di partenza potrà essere l’ultimo contratto collettivo nazionale della logistica, che include per la prima volta i rider ma rimanda a una trattativa a sé per la definizione della parte economica. In questa finestra cercheranno di ritagliarsi un ruolo i sindacati confederali, che Di Maio ha invitato al tavolo non senza polemiche (“molte di queste persone non si sentono rappresentate, non sono iscritte al sindacato e non sanno che esiste un sindacato dei rider”, perciò il confronto sarà tra “tra rappresentanze classiche e nuove forme a cui ho aperto le porte del ministero”).

 

Ma anche per il modello retributivo gli esempi non mancano. La romana Moovenda, unica azienda italiana al tavolo, ha già un accordo con i suoi “moovers” che prevede una retribuzione di sei euro netti ogni ora a cui si aggiungono premi per le consegne. Modello simile per JustEat e per Glovo (quattro euro/ora), mentre tutti gli altri lavorano a cottimo. C’è poi il capitolo contributi Inps e assicurazione Inail, due aspetti coperti per chi assume con co.co.co. e in parte soddisfatti anche da qualcun altro con convenzioni ad hoc. Per esempio quella di Deliveroo, che ha assicurato i fattorini in caso di infortuni e danni a terzi. A questo punto dal tavolo dovrà uscire un standard per tentare di uniformare lo scenario frammentato che c’è ora e tutte le piattaforme, anche se in misura diversa, dovranno fare qualche passo verso la “linea Di Maio”. Una linea che messa così è molto simile a quella adottata dal comune di Bologna in un documento scritto con alcuni rappresentanti dei rider che anticipa a sua volta la direttiva sui lavori digitali a cui sta lavorando il Parlamento europeo: paga minima, stop al cottimo, copertura assicurativa, contributi, indennità e trasparenza nei contratti. Un compromesso che renderebbe l’accordo gradito ai fattorini, almeno a quelli dell’organizzazione Riders Union, invitati al confronto. Gli altri, quelli di Deliverance Project, che chiedono di essere riconosciuti come dipendenti dal 2016, per il momento forse resteranno delusi.