Di Maio e l'èra dell'incompetenza. Ora interviene anche sullo statuto della Bce
Con la sua proposta di rivedere le regole della Banca centrale europea, il ministro dimostra di non avere alcuna conoscenza né della storia, né dell'economia
Siamo in piena età dell’incompetenza, come ha ben spiegato Tom Nichols, professore alla Harvard Extension School, nel mirabile “La conoscenza e i suoi nemici. L’età dell’incompetenza e i rischi per la democrazia” (Luiss, 2017). L’ennesima dimostrazione ce l’ha data il ministro per lo Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio, intervenuto a “Omnibus” su La7.
In assenza di qualsiasi conoscenza, anche vaga, di economia, finanza e sistema delle banche centrali, il ministro ha detto la sua sulla Banca centrale europea, il cui statuto dovrebbe essere cambiato e “la Bce deve fare veramente la banca centrale (tautologico, sic, ndr) e intervenire nell’economia di tutti i paesi”.
Siamo alla follia. Una volta si stava zitti, in assenza di competenze specifiche. Oggi, in qualità di ministro, ci si permette di pontificare su temi complessi dove un ruolo rilevante lo ha giocato la storia europea del Novecento.
Come insegno ai miei studenti di Sistema finanziario, lo statuto della Banca centrale europea ha come modello quello della Banca centrale tedesca, la Bundesbank, l’“inflation buster”, il cacciatore di inflazione. Quando negli anni Novanta si decise, dopo il Rapporto Delors (1989), di iniziare il percorso verso l’Unione economica e monetaria (Uem), si pose il problema di quale ruolo assegnare alla Banca centrale europea (nata sulle ceneri dell’Ime, Istituto monetario europeo, sorto il 1° gennaio 1994).
I tedeschi diedero il loro benestare alla moneta unica purché lo statuto della Bce rispecchiasse le funzioni di politica monetaria assegnate alla Buba (BundesBank), che prevedeva un unico obiettivo: la stabilità monetaria, ossia il controllo dell’inflazione. Il ministro Di Maio, probabilmente consigliato dal suo collega Paolo Savona, ha pensato di voler adeguare lo statuto della Bce a quello della Federal Reserve americana, che ha un doppio mandato – “dual mandate”: il controllo della stabilità monetaria e la crescita economica (obiettivo aggiunto dopo la crisi del 1929).
Pensare di potersi sedere al tavolo europeo e proporre il cambio dello statuto della Bce vuol dire non avere alcuna conoscenza storica. Vuol dire anche non sapere cosa è successo in Germania negli anni Venti, quando, a seguito del Trattato di Versailles, i tedeschi vennero puniti oltremodo con sanzioni di guerra di una durezza eccessiva. “Le conseguenze economiche della pace”, scrisse John Maynard Keynes, con preveggenza, vaticinando una crisi economica.
La Germania, in ristrettezza, iniziò a stampare moneta senza nessun riguardo delle riserve di oro che avrebbero dovuto garantire la valuta. Si sviluppò un’inflazione galoppante, che causò la rapidissima svalutazione della moneta. Furono stampate soprattutto banconote di carta (conosciute come Kriegsgeld, letteralmente moneta di guerra) di taglio elevato. Il Papiermark (letteralmente marco di carta) fu prodotto in enormi quantità: esistevano anche tagli da 100.000.000.000.000 marchi (100.000 miliardi). Successivamente, nel novembre 1923, il Papiermark venne sostituito dal Rentenmark. Il Rentenmark (che era pari a 1.000.000.000.000 vecchi marchi) fu solo una valuta temporanea e non ebbe valore legale. Fu comunque accettata dalla popolazione e riuscì effettivamente a fermare l’inflazione.
Intanto, nel gennaio 1923, la Francia aveva militarmente occupato il bacino minerario tedesco della Ruhr, come garanzia per le dovute riparazioni di guerra stabilite dal Trattato di Versailles, tagliando il governo tedesco dal principale elemento della ripresa economica.
Dopo il Piano Dawes, dal nome del finanziere e politico americano – futuro vicepresidente – Charles Dawes, ci fu la ripresa dei pagamenti tedeschi secondo rate crescenti, ma senza definire un ammontare complessivo e la riorganizzazione della Banca centrale tedesca – Reichsbank – guidata da Hjalmar Schacht. Venne creata una nuova moneta, il Reichsmark, che avrebbe sostituito il Rentenmark, e che divenne la nuova valuta con valore legale il 30 agosto 1924.
Nel 1933 Adolf Hitler, facendo leva sulla scontentezza della popolazione e l’enorme disoccupazione, vince le elezioni e diventa Cancelliere. Il resto è noto.
Elias Canetti, in modo magistrale in Massa e Potere (Adelphi, 1981), spiega come l’iperinflazione abbia effetti sconvolgenti, non limitati al momento stesso in cui si verifica. “Improvvisamente l’unità di denaro perde la sua personalità, e si trasforma in una massa crescente di unità che hanno sempre meno valore, quanto più grande è la massa... L’uomo che vi aveva riposto la sua fiducia non può fare a meno di sentire come proprio il suo svilimento. A causa dell’inflazione, tutte le cose esteriori sono coinvolte nell’oscillazione, nulla è sicuro, l’uomo stesso è sminuito... La massa si sente svalutata poiché il milione è svalutato”. Canetti aggiunse che “difficilmente i tedeschi sarebbero giunti a tanto (nel trattamento degli ebrei, ndr) se pochi anni prima non avessero sperimentato un’inflazione a causa della quale il valore del marco calò nella misura di un bilione. Sugli ebrei essi scaricarono quella inflazione come fenomeno di massa”.
I tedeschi vedono l’inflazione anche quando non c’è. Si ricordano ancora di quando si andava a far la spesa con le carriole piene di marchi. Basta andare sulla rete e vedere immagini di persone che mettono le banconote – ormai senza valore – nel camino. Come si fa a pensare di proporre ai tedeschi un cambio di statuto della Bce che implica un auspicio di inflazione senza controllo?
Da un ministro della Repubblica italiana ci si aspetterebbe maggiore senso storico.