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La mossa anti-dazi di Toyota

Mariarosaria Marchesano

L'azienda giapponese chiude uno dei suoi stabilimenti di assemblaggio dopo la simulazione del Fmi: il paese più colpito dalle tariffe sulle auto sarà il Giappone

Dopo il colosso americano dell’alluminio Alcoa, che ha ridotto le stime di crescita per i prossimi anni pur in presenza di risultati di bilancio molto positivi, un secondo grande gruppo mondiale fa una mossa difensiva anti dazi. Toyota Motor si appresta a chiudere uno dei suoi stabilimenti di assemblaggio in Giappone, nell’area di Shizuoka, che fermerà la produzione entro il 2020. Seppure giustificata dalla necessità di accelerare la propria transizione verso l’elettromobilità – con il trasferimento nel nord del paese di alcune linee produttive e dei millecento operai che ci lavorano – l’inattesa decisione di Toyota è stata letta come una reazione al contesto di incertezza causato dalle politiche protezionistiche dell'amministrazione Trump.

 

Una guerra commerciale con gli Stati Uniti, con il varo di dazi alle importazioni di automobili, potrebbe, infatti, causare danni economici al Giappone e al prodotto interno del paese, secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi), che ha pubblicato mercoledì 18 luglio l'esito di una serie di simulazioni. “Nella simulazione relativa alle tariffe sulle auto, il Giappone risulta il paese più colpito”, sostiene il Fmi, che ricorda come le automobili costituiscano il 29 per cento delle esportazioni giapponesi verso gli Stati Uniti. Lo scenario si basa sull'ipotesi che l'amministrazione americana possa adottare un dazio del 25 per cento alle importazioni di automobili, e che i paesi colpiti reagiscano con tariffe della medesima entità.

 

A confortare questa tesi, c’è il calo di quasi un punto percentuale delle vendite giapponesi verso gli Stati Uniti registrato lo scorso giugno per la prima volta da 17 mesi, che sarebbe stato causato proprio dalla contrazione delle spedizioni di automobili, oltre che di macchinari industriali per la produzione di semiconduttori. Il calo è tutto sommato contenuto, ma suscita comunque preoccupazione a Tokyo, che si aspetta da un momento all'altro una nuova offensiva diretta della Casa Bianca alla vigilia delle negoziazioni per un accordo commerciale. Giappone e Stati Uniti, infatti, intendono avviare colloqui bilaterali per un commercio “libero, equo e reciproco”, nel tentativo di appianare le divergenze causate dal significativo deficit commerciale (da 70 a 100 dollari all’anno) degli Stati Uniti nei confronti di Tokyo e dalla politica del “primato americano” promossa dal presidente Donald Trump. Il primo incontro era inizialmente previsto per questo mese, ma ha subito un rinvio.

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