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Le prime grane industriali di Di Maio svelano i limiti del decreto dignità

Maria Carla Sicilia

Dalla delocalizzazione di Bekaert ai contratti non rinnovati di Nestlé, il ministro affronterà disarmato le trattative con le multinazionali

Mentre il Parlamento discute del decreto dignità e prende tempo per limarne alcune angolature, il ministro dello Sviluppo economico affronta il primo caso di impresa che vuole delocalizzare da quando il nuovo governo si è insediato. Oggi pomeriggio Luigi Di Maio ha incontrato i rappresentanti di Bekaert, multinazionale belga che nel 2014 ha rilevato da Pirelli lo stabilimento di Figline Valdarno. Nella fabbrica toscana rischiano il posto 318 operai che producono cordicelle d'acciaio usate anche come rinforzo degli pneumatici, con commesse dalla stessa Pirelli. Il 30 dicembre scorso è terminato il periodo durante il quale Bekaert garantiva il mantenimento di tutte le condizioni occupazionali e il gruppo ha deciso di traslocare in Romania. Ora la commissione europea si occuperà di verificare se Bucarest ha usato fondi Ue o aiuti di stato per attrarre il gruppo belga, che sul sito di Figline ha detto di non aver avuto “una performance finanziariamente sostenibile”, precisando che “le perdite degli ultimi anni sono strutturali e irreversibili e hanno portato alla decisione di cessare tutte le attività”. 

  

Il primo incontro al Mise, il 5 luglio, non è andato benissimo. “Mai visto un'azienda così arrogante”, aveva commentato il neoministro, che ha ammesso di essere disarmato rispetto alla trattativa: “Ho fatto una legge sulle delocalizzazioni, il problema è che non è retroattiva e quindi non vale per questi signori qui”. In realtà Bekaert non ha utilizzato nessun aiuto pubblico per rilevare lo stabilimento e non rientrerebbe quindi nella casistica indicata nel decreto dignità, che prevede come deterrente che le aziende restituiscano i finanziamenti ricevuti. La mediazione dovrà avvenire su altre basi – un banco di prova per Luigi Di Maio – e semmai, come ha ricordato l'ex ministro Carlo Calenda, potrà tornare utile il fondo di contrasto alle delocalizzazioni per aprire un percorso di reindustrializzazione, come avvenuto con il caso Embraco. 

  

Nel campo d'azione del decreto rientra invece un'altra vertenza industriale, quella della Nestlé, che a Benevento lascerà a casa 20 persone assunte fino a ora con contratto in somministrazione. Primo effetto collaterale della norma voluta da Di Maio. L'irrigidimento sui lavori a termine introdotto dal decreto dignità, che riduce la durata del contratto e la possibilità di prorogarlo, ha portato la multinazionale a fermare i rinnovi dal 14 luglio in poi. E non è perché Nestlé sta facendo passi indietro in Italia. Sullo stabilimento campano sono in corso investimenti per 50 milioni di euro, con lo scopo di trasformare Benevento in un hub per la produzione di pizze surgelate. “Allo stato attuale i lavori di impianto delle nuove linee di produzione sono in corso, conseguentemente l'assetto occupazionale non è ancora definitivo”, spiega Nestlé in una nota, aprendo alla possibilità di confrontarsi con le parti sociali. Ma chiarisce: “Non si potevano richiamare i lavoratori in somministrazione che hanno raggiunto il nuovo limite imposto dal decreto di urgenza in ovvia ottemperanza alle nuove normative”. 

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