L'asta per il 5G accelera le grandi manovre sulle infrastrutture wireless
Pileri (Italtel): “Le torri passeranno da 60 mila a 600 mila nei prossimi cinque-dieci anni”
Non è un caso che le grandi manovre nel settore delle infrastrutture wireless stiano subendo un'accelerata alla vigilia dell'asta per l'assegnazione delle frequenze 5G che il governo ha annunciato per settembre. Stefano Pileri (foto sotto), amministratore delegato di Italtel e per diversi anni alla guida dell'area tecnologica di Telecom Italia, spiega al Foglio, che gli attuali 60 mila siti per la trasmissione del segnale per la telefonia mobile “potrebbero diventare 600 mila e oltre nei prossimi cinque-dieci anni proprio come conseguenza dell'introduzione di una tecnologia particolarmente innovativa come il 5G, che non è solo un'evoluzione del 4G ma una piattaforma che potrebbe aprire opportunità di sviluppo per l'intero sistema economico”. In buona sostanza, la maggiore velocità del 5G implica che la copertura capillare del territorio nazionale avvenga attraverso una miriade di piccole antenne connesse alla rete in fibra ottica (per avere maggiore velocità su smartphone e applicazioni, le celle di trasmissione devono diventare più piccole e servire pochi device, quindi cresce il numero delle torri necessario).
Con questa prospettiva, il settore delle infrastrutture wireless, sia per la diffusione del segnale tv sia per la telefonia mobile, assume un ruolo strategico a livello paese oltre che un business fortemente remunerativo. E i primi ad accorgersene sono stati gli investitori esteri. Se si osserva attentamente la compagine del terzo fondo per le infrastrutture di F2i, alleato di Mediaset nell'opa su Ei Towers, risalta che solo il 4 per cento degli investitori è italiano, mentre la stragrande maggioranza è composta da fondi sovrani asiatici, come per esempio Gic di Singapore, e fondi pensione nord americani (tra questi, il canadese Psp Investments). Una fetta minore ma consistente (27 per cento) è nelle mani di società di asset management europee. Tutti insieme questi soggetti hanno investito oltre 3 miliardi nel terzo fondo lanciato a fine 2017 da F2i sgr, società fondata da Vito Gamberale e dal 2014 guidata da Renato Ravanelli a cui partecipa anche la Cassa depositi e Prestiti. Ebbene, un terzo circa della liquidità raccolta sarà impegnata nell'affaire Ei Towers che, nei piani concordati con il Biscione, dovrebbe dare il là a un processo di consolidamento delle torri, che potrebbe coinvolgere sia operatori specializzati come Rai Way, Inwitt e Cellnex, sia gestori della rete telefonica nazionale come Iliad e Vodafone, che, per motivi diversi, sono interessati all'aspetto infrastrutturale.
Stefano Pileri (foto Imagoeconomico)
Quando si parla del cosìddetto “risiko delle torri” si fa quasi sempre riferimento, infatti, alla prospettiva che questo settore finisca per essere concentrato nelle mani di pochi soggetti per motivi di efficienza legati alla gestione (in questa fase sia Ei Towers che RaiWay si candidano a un ruolo da protagonista). Secondo l'amministratore delegato di Italtel – gruppo che sta per fondersi con Exprivia per dare vita a un player internazionale nelle tecnologie digitali per le telecomunicazioni con 600 milioni di fatturato – è auspicabile, al contrario, il mantenimento di un livello di concorrenza tra i proprietari delle infrastrutture considerato anche che in un mercato in crescita c'è spazio per tutti. Anche la netta suddivisione delle torri broadcasting da quelle tlc, ipotizzata come soluzione ottimale da alcuni protagonisti del mercato, non appare necessaria agli occhi di Pileri. “Lo sviluppo dei siti per la trasmissione del segnale televisivo è sicuramente meno veloce rispetto a quello delle telecomunicazioni perché legato a tecnologie come il digitale terrestre, ma non va trascurato che l'evoluzione futura è la diffusione della cosìddetta fixed wireled access, cioè la diffusione del segnale nelle aree rurali meno servite che avverrà attraverso la banda ultra larga grazie anche alla tecnologia 5G”. Insomma, tutto il settore è in veloce espansione e questo probabilmente porterà ad un'offerta diversificata e non necessariamente a un consolidamento.