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Perché il boomerang delle promesse colpirà presto i gialloverdi

Marco Fortis

Vicolo spread. Salvini & Di Maio dovranno mettere da parte le fantasie elettorali perché dipendiamo dagli investitori esteri

E’ abbastanza stupefacente che vi siano esponenti del governo che si spingano ad accusare il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, di usare parole troppo sopra le righe nel definire la delicata situazione dei nostri conti pubblici e il loro livello di criticità. Stupefacente perché senza il Quantitative Easing oggi l’Italia avrebbe quasi 300 miliardi di titoli di debito pubblico in più non “sterilizzati” dagli acquisti effettuati in questi ultimi tre anni dall’Eurosistema. Senza Qe l’Italia avrebbe dovuto farsi comprare tutti quei titoli da qualcuno. Ma da chi? Le nostre banche non avrebbero potuto farlo in modo importante perché di obbligazioni dello stato ne hanno in pancia già troppe e la vigilanza europea (a torto o a ragione) è critica sul punto. Inoltre minaccerebbe imposizioni di nuovi aumenti di capitale dei nostri istituti di credito per migliorare i loro ratio patrimoniali.

   

Le famiglie oramai non sono molto propense a comprare Bot e Btp più di quanti già non ne abbiano in portafoglio. Dunque? Restano gli stranieri. Ma gli stranieri comprano i nostri titoli solo se si fidano di noi, della serietà dei nostri governi, della solidità delle prospettive di crescita (sia pure non travolgenti), della capacità di mantenere elevati avanzi primari (cosa che facciamo meritoriamente da oltre due decenni e sarebbe bene che continuassimo a farlo), di abbassare gradualmente il deficit, di ridurre (anche se poco alla volta) l’alto debito/pil. Tuttavia eventi recenti non hanno certo aiutato i mercati ad avere fiducia in noi.

  

Per diverse settimane dopo le elezioni del 4 marzo scorso, l’Italia non è riuscita a darsi un governo. Poi è nato il governo gialloverde che ha manifestato con dichiarazioni, rettifiche, precisazioni e distingui dei vari ministri una sconcertante confusione su temi di politica economica cruciali come l’uscita dall’euro, lo sforamento del rapporto deficit/pil del 3 per cento, il reddito di cittadinanza, la flat tax e l’abolizione della Fornero. Il ministro del Tesoro, Giovanni Tria, s’è dovuto trasformare in una specie di “stuntman” impegnato a parare quasi quotidianamente le sparate dei suoi vicepremier e colleghi. Ciò considerato, non ci si può meravigliare se lo stock di titoli pubblici italiani detenuti dai non residenti è crollato di 57,8 miliardi di euro in soli due mesi consecutivi (a maggio-giugno rispetto ad aprile). Infatti, ad aprile 2018, secondo Banca d’Italia, tale stock ammontava a 722,1 miliardi, mentre a giugno, dopo massicce vendite, esso era sceso a 664,3 miliardi. Nemmeno durante la devastante crisi economico-finanziaria del 2011-2012, con lo spread alle stelle e con il mondo che ci guardava come una possibile grande Grecia sul punto di implodere da un momento all’altro, era mai accaduto niente di simile in soli due mesi. Infatti, dal giugno 2011 al luglio 2012, lo stock di titoli di debito pubblico italiano in mani estere è sceso di circa 154 miliardi di euro, ma le vendite dei non residenti su base mensile non superarono mai, se non di poco, i 30 miliardi (accadde solo nel febbraio 2012), mentre a giugno 2018 esse hanno sfondato di colpo i 34 miliardi in un unico mese. Durante la crisi 2011-2012 in due mesi consecutivi lo stock di titoli pubblici italiani in mani estere diminuì al massimo di 53,8 miliardi (tra febbraio e marzo 2012), mentre a maggio-giugno 2018 il calo è stato di 57,8 miliardi: un nuovo record storico.

   

Davvero niente male come prove generali del futuro giudizio che i mercati daranno del prossimo programma economico del governo italiano per il 2019! Infatti, se sarà un programma come “da contratto”, in ossequio alle roboanti promesse elettorali di Lega e M5s, saranno sorci verdi per l’Italia e le vendite di titoli pubblici da parte dei non residenti riprenderanno a tassi sostenuti. Se invece il ministro Tria difenderà fino in fondo un tetto massimo di deficit dell’1,6 per cento, come ha lasciato intendere, lo spread non salirà, tireremo un sospiro di sollievo, ma i cittadini che si sono fatti illudere da tagli di tasse epocali e da redditi di cittadinanza a pioggia avranno di che riflettere. Mancano ormai solo poche settimane al ciak si gira. E poi vedremo il vero film che ci aspetta.