Chi guadagna e chi perde con le chiusure domenicali
Di Maio vuole chiudere i negozi nei festivi, Bezos si prepara a farci la festa. Parla Stefano Beraldo (Ovs)
Quando gli si chiede della proposta di legge sulle chiusure domenicali di megastore e supermercati (perché solo di loro si tratta: gli esercenti cinematografici, i ferrotranvieri e i ristoratori devono invece tenere aperto e noi giornalisti darne notizia) non è solo all’immediato che pensa, Stefano Beraldo, numero uno di Ovs e personaggio di peso nel sistema della distribuzione moda. Beraldo guarda infatti anche alle reazioni dei grandi investitori stranieri del retail che stanno per aprire in Italia, come Uniqlo il prossimo inverno in piazza Cordusio, a Milano, e soprattutto alla concorrenza di Amazon. Pur ritenendo, come altri esponenti del settore fra cui il presidente di Federdistribuzione Claudio Gradara, che lo stop domenicale allo shopping possa portare a una perdita di circa 40 mila posti di lavoro in tutta Italia (“per Ovs la domenica equivale al 14 per cento delle vendite settimanali; è la seconda giornata più importante. Dando per impossibile che quel fatturato si ridistribuisca negli altri giorni, dovrei ridurre in proporzione le ore lavorate, diciamo del 10 per cento. Questo significa che, su ottomila dipendenti, la misura ne riguarderebbe almeno ottocento”) è alle azioni di sfondamento o, per dirla senza giri di parole, di dumping messo in atto in questi ultimi tempi da Jeff Bezos sull’e-commerce del food e del grocery che il ceo di Ovs guarda con preoccupazione. Essendo impossibile tentare di fermare anche l’e-commerce a mani nude (Di Maio ci aveva pensato lo scorso luglio, facendo gridare alla “restaurazione” e al “blocco del nuovo che avanza” perfino l’Unione dei Consumatori), la nube che Beraldo vede profilarsi all’orizzonte è la stessa che preoccupa i vertici di Auchan o di Tesco, e cioè la fine della distribuzione e del sistema degli acquisti come li conosciamo. “L’e-commerce non può essere fermato la domenica; quindi far chiudere i negozi, pretendendo di modificare comportamenti ormai radicati, farebbe ridurre ulteriormente i consumi, mettendo a rischio l’occupazione ”.
Il tema vero, dice Beraldo – che va diversificando il proprio modello di business verso la fascia medio alta del mercato, con la prima boutique di stile maschile sviluppata con Massimo Piombo – non sono solo gli acquisti di cappotti e scarpe della domenica, poiché “il mercato dell’abbigliamento è già calato del 25 per cento negli ultimi otto anni”, quanto le future dinamiche della spesa quotidiana e le ricadute occupazionali di questo sviluppo sul totale comparto distributivo. Stiamo parlando di acqua minerale, bibite, detersivi e carta igienica, di sedani e finocchi, cioè degli articoli ingombranti, o degli alimentari a basso costo che chiunque detesta dover comprare e trasportare a casa, e che Amazon consegna invece sostanzialmente gratis, nell’obiettivo di collocare in un prossimo futuro i suoi “hub lockers” in ogni condominio d’Europa e di controllare il mercato del grocery nel giro di qualche decennio.
L’hub locker è un insieme di armadietti, della stessa tipologia già in uso nelle attività commerciali e in certe banche, dotato di serrature sbloccabili con un codice personale. Amazon, civettuolo e performante, lo fornisce da esterno e interno, in quattro colori, in una versione base da 42 armadietti ai quali si possono aggiungere moduli da 23 ad libitum. Visto che chiunque può accedervi liberamente per depositare e ritirare, gli hub locker lavorano h 24 sette giorni su sette e, se voleste prendere informazioni presso il servizio clienti di Amazon anche subito, scoprireste che farsene installare uno nell’androne è piuttosto conveniente, e ancora di più lo è mandare al diavolo il postino che vi lascia pacchi e buste accatastate per terra senza nemmeno prendersi la briga di citofonarvi o il fattorino del mercato ortofrutticolo che sbuffa per una mancia inferiore ai cinque euro. Mr Bezos è qui per ovviare a tutte queste seccature e a molte altre; essendo l’uomo più ricco del mondo può anche permettersi di giocare sporco sul prezzo, offrendovi tutte le primizie a prezzi stracciati.
A cosa punta Amazon
Quando, un anno e mezzo fa, i giornali finanziari di tutto il mondo si domandavano come mai Bezos avesse acquisito la catena americana di alimentari bio Whole Foods per 13,7 miliardi di dollari, non immaginavano ancora che gli obiettivi di Amazon fossero ben più ampi di quelli del libraio iperfornito o del grossista di abbigliamento. Bezos punta ai nostri frigoriferi. Da tempo, in Inghilterra, ha lanciato il servizio Amazon Fresh, mirando a trasferirne il modello nel continente, mentre negli Stati Uniti, e la catena Whole Foods è ormai lì per servirlo, sta sperimentando il progetto Amazon Go, punti vendita privi di casse e con pagamento tramite app. E noi stiamo qui a cianciare di domeniche a casa? Jeff Bezos può infatti sostenere ancora a lungo, come nessun competitor può fare, perdite significative nel ramo operativo delle vendite. Questi mancati ricavi vengono però compensati in maniera sempre più significativa dai servizi “cloud” (se voleste aprire il servizio online adesso, scoprireste che è in buona parte e per almeno un anno gratis). Per questo tremano i colossi della grande distribuzione, e per questo è impensierito Beraldo: perché, pur se inarrestabile, l’evoluzione dei modelli di consumo verso l’e-commerce non può che subire un’accelerazione se l’acquisto fisico, di persona, verrà reso difficoltoso proprio nei giorni in cui si ha più tempo per farlo. Sapete chi si gioverà di questa rivoluzione in atto? Proprio i negozi di prossimità che fino all’altro ieri lamentavano la propria imminente scomparsa. Mentre le grandi superfici nelle periferie chiudono o iniziano a segnare il passo, aprono sempre più punti vendita Sma, Conad o Carrefour sotto casa. Vanno conquistando posizioni, in vista del momento in cui Bezos, dopo essersi comodamente incuneato nelle nostre case, inizierà a dettarvi legge. L’e-commerce conosce dinamiche che il ministro del lavoro non conosce.