Perché Confindustria non sa più a “quale” governo votarsi
Boccia corregge l’endorsement alla Lega, ma i guai di un esecutivo investitor-repellente restano. Parla Bonometti
Roma. Le giravolte del governo Lega-M5s hanno provocato malumori sparsi all’interno della Confindustria di Vincenzo Boccia che il presidente ha cercato di sedare.
“In questo governo crediamo fortemente nella Lega, è una componente importante, qui non si tratta di regionalità ma di risposte vere ai cittadini”, aveva detto Boccia sabato, in seguito al Consiglio dei ministri in cui è stato fissato il 2,4 come obiettivo per il deficit/pil dei prossimi tre anni come imposto da Lega e M5s al ministro dell’Economia, Giovanni Tria per piegarlo ai desiderata della maggioranza. Le parole di Boccia avevano motivato attriti sotterranei nella Confederazione: diventando supporter di un partito, con l’esplicito sostegno a Matteo Salvini, Confindustria ha superato il ruolo, che si è sempre attribuita, di “consigliere” dei governi. E così lo stesso Boccia ha cercato di chiarire la sua posizione precisando ieri che non si trattava di un endorsement.
“Mi fa sorridere”, ha detto il presidente Vincenzo Boccia a Radio Capital. “C’è stata una strumentalizzazione via Twitter – ha proseguito riferendosi a un post di Carlo Calenda che proviene dall’associazione degli industriali – non riusciamo ad articolare un pensiero completo. I provvedimenti del governo sono provvedimenti del governo, non sono dei 5 stelle o della Lega. Abbiamo invitato la Lega a essere coerente”, ha detto Boccia.
La forma, per gli industriali, andrebbe salvaguardata. La realtà è certo quella di una Confindustria “governativa per definizione”, come diceva l’Avvocato, Gianni Agnelli, e, pur appoggiando partiti o correnti in modo felpato, non aveva ancora così esplicitamente espresso sostegno a un movimento politico. Nella sostanza, la preoccupazione dei vertici di Confindustria è probabilmente che la Lega, come si vocifera da tempo, possa provvedere a fare ritirare le aziende partecipate dallo stato dall’associazione con relativo danno economico per Viale dell’Astronomia. Infatti non c’è nessun capitalista privato iscritto a Confindustria che possa rivaleggiare con Eni, Enel, Finmeccanica, Poste, Ferrovie e altre società a partecipazione statale.
Il presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, tiene a ribadire il fatto che Confindustria è “apartitica” e tale si mantiene. Bonometti conferma però la preoccupazione degli imprenditori, riferendosi al rischio che un aumento del disavanzo finisca in misure assistenziali come il reddito di cittadinanza. “Doveva essere la manovra per la crescita ma sarà quella per l’assistenzialismo. Sono spese fatte per finanziare quelli che non lavorano, i fannulloni – dice Bonometti al Foglio – a scapito invece di quelli che lavorano e andrebbero premiati con un aumento in busta paga o con un intervento sul cuneo fiscale a favore dei dipendenti, salvaguardando così la competitività delle imprese e aumentando anche il potere di acquisto dei lavoratori. Con il risultato forse di fare aumentare anche i consumi”. E’ infatti improbabile che il reddito di cittadinanza, con un sussidio mensile di 780 euro ipotizzati per una spesa per lo stato di 10 miliardi di euro, si traduca in uno stimolo alla domanda interna. “Siamo fortemente preoccupati – aggiunge Bonometti – perché oltre al costo di finanziamento del debito è aumentato anche il costo della benzina, del gas, e in prospettiva salgono anche gli interessi sui mutui per le case e quelli per i prestiti alle imprese”. Secondo indiscrezioni del Sole 24 Ore, è anche possibile che il Piano Industria 4.0 del precedente governo, che offriva sgravi fiscali per il rinnovo dei macchinari, non proseguirà attraverso investimenti in formazione per i dipendenti che quei macchinari dovrebbero usarli. E il programma così rimarrebbe monco. “Auspichiamo che durante la discussione sulla legge di Bilancio si torni a parlare di impresa – dice Bonometti, patron della Officine Meccaniche Rezzatesi che produce ed esporta, soprattutto in Germania, componenti per auto – è l’unico elemento che crea benessere per le famiglie e i territori. Industria 4.0 – dice Bonometti – è stato uno dei più importanti progetti di politica industriale degli ultimi anni per l’innovazione: abbiamo previsto investimenti per cambiare le fabbriche anche di piccole dimensione ma servono figure professionali da formare e relativi investimenti per formazione dei lavoratori”. Gli industriali avevano minacciato una manifestazione pubblica in seguito al Decreto Dignità – altra misura sgradita – ma in seguito sono tornati indietro. E’ il caso di manifestare adesso? Bonometti non azzarda, e si limita a dire che vorrebbe sentire dal governo parlare di “aziende e lavoro”, ma non è ancora successo anzi accade il contrario. Contrastare un sentimento anti industriale è il principale problema di Confindustria, che però, al momento, non riesce a trovare partito reattivo alle sue istanze. Almeno, senza cadere nell’accusa di politicizzazione.