Auto a senso unico. Il dirigismo europeo incontra quello italiano
Il Parlamento di Strasburgo vuole imporre quote di mercato per le auto elettriche e una riduzione ambiziosa delle emissioni. Perché l'impatto sull'Italia gialloverde non sarà lieve
Con il voto di mercoledì scorso sulla riduzione delle emissioni inquinanti di auto e furgoni, il Parlamento europeo ha scelto di imprimere una rapida accelerazione verso la mobilità elettrica a scapito delle richieste del mondo produttivo che consiglia prudenza. Il documento approvato a Strasburgo introduce infatti delle quote di mercato riservate alle auto a zero o a basse emissioni, quelle cioè che emettono meno di 50 grammi di anidride carbonica al chilometro, una soglia che esclude i motori endotermici ignorando i carburanti alternativi. Fino a ora diversi provvedimenti hanno tenuto conto del rispetto degli accordi di Parigi senza però tradire il principio di neutralità tecnologica che ha caratterizzato la discussione sul tema. Questo voto sembra negarlo per la prima volta. "Nei prossimi 10-15 anni non è scontato che l'unica tecnologia in grado di affrontare i temi ambientali sia quella elettrica", dice al Foglio Gianmarco Giorda, direttore dell'Associazione nazionale della filiera automobilistica (Anfia). "Sicuramente sarà una delle tecnologie più importanti, ma insieme ci può essere l'ibrido, il gas, i carburanti sintetici. Con questi vincoli così ferrei anche sulle quote dei veicoli a bassissime emissioni si fa una scelta di campo abbastanza netta".
"A livello produttivo l'impatto è significativo", continua Giorda. "Un'auto completamente elettrica ha più o meno un settimo dei componenti di una con il motore termico", e per questo "la maggiore presenza sul mercato di automobili elettriche o plug-in pone il tema di come gestire la transizione delle aziende di componentistica che oggi lavorano sui motori tradizionali".
La diffusione delle auto elettriche non coglie le imprese impreparate. Tutte le case automobilistiche hanno inserito nei propri piani industriali modelli elettrificati e i governi nazionali e locali hanno avvertito con dichiarazioni più o meno scomposte che intendono ridurre l'inquinamento derivante dal settore dei trasporti. Ma preferire una tipologia di motore fino al punto di renderne obbligatoria la vendita è una strategia inedita che interferisce con le scelte di produzione di ogni gruppo industriale. "Imporre una quota di mercato del 20 per cento al 2025 [percentuale che sale al 35 nel 2030, ndr] è molto ambizioso anche perché la diffusione di queste alimentazioni non dipende solo dalle case auto. Serve che qualcuno le compri. C'è il limite della rete infrastrutturale, ma anche del prezzo. E se è vero che la direzione è tracciata, il contesto non è ancora stato chiarito. Gestire questa fase con metodo è necessario perché questa tecnologia si sviluppi senza provocare danni dal punto di vista occupazionale e sociale".
Nel settore della componentistica per automobili, l'Italia è al secondo posto in Europa per fatturato. In Molise e Basilicata il 20 per cento della forza lavoro residente lavora in un'azienda della filiera. "Le aziende dell'automotive sono sempre state innovatrici, in Italia come in Europa, non c'è un atteggiamento di retroguardia. Però certi processi richiedono tempo e i tempi dell'industria non sono banali per condurre dei cambiamenti epocali", dice il direttore di Anfia.
La decisione di fissare quote di mercato che ogni casa automobilistica dovrà rispettare per non rischiare sanzioni serve a sostenere l'obiettivo di tagliare del 40 per cento la Co2 emessa dai veicoli nel 2030. Il Parlamento ha scelto di rivedere al rialzo questa percentuale sia rispetto alla proposta dell'industria automobilistica (20 per cento) sia della Commissione europea (30 per cento). Su queste basi si riaprirà la trattativa martedì prossimo, quando i ministri dell'Ambiente si riuniranno in Consiglio europeo per trovare un accordo da sottoporre nuovamente al Parlamento. Le case automobilistiche europee, rappresentate da Acea, spingono perché prevalga la linea tedesca di tenere il limite al 30 per cento, ma l'esito del voto è ancora fortemente incerto. In Italia la filiera dell'automotive ha aperto un dialogo con il ministro Sergio Costa per chiedere garanzie su una transizione sostenibile.
Ma la sensibilità del governo sembra orientata verso una veloce elettrificazione del settore. Nell'aggiornamento del documento di economia e finanza appena presentato, l'esecutivo dice infatti di aver predisposto un disegno di legge sulla mobilità sostenibile che "punta a sostituire gli automezzi alimentati con motori endotermici con attrezzature a trazione elettrica". Una delle principali industrie manifatturiere del paese sarà travolta da quella che per il governo gialloverde è "un’opportunità di rilancio che non può essere mancata". Così per una volta la linea del governo sembra convergere con le intenzioni europee. Si vedrà se in modo vantaggioso o meno per l'interesse dell'economia nazionale.