Le manine pericolose di Salvini e Di Maio
La Commissione boccia la Manovra e dà tempo fino a lunedì per modificare la legge di Stabilità. Draghi scomunica la linea del governo. Lo spread è a 327, come nel 2013. Caos. Ma l’Europa non può salvare l’Italia dal suo suicidio economico
Dopo le presunte “manine” interne sul decreto fiscale arrivano le manate esterne per la manovra. La bocciatura dell’Europa è totale e non sembrano esserci molti margini di discussione, perché “le dimensioni della deviazione sono senza precedenti nella storia del Patto di Stabilità”, scrivono Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis. Nella lettera consegnata al ministro dell’Economia Giovanni Tria (c’è tempo per rispondere fino al 22 ottobre) la Commissione si sofferma sui dati principali del budget italiano: il forte aumento del tasso di crescita della spesa primaria e il “deterioramento” del deficit strutturale per il 2019 dello 0,8 per cento, che rappresenta una “evidente e significativa deviazione dalle raccomandazioni del Consiglio”.
Il governo italiano fa così un’espansione fiscale, il contrario dell’aggiustamento strutturale promesso, producendo così un divario “senza precedenti” tra impegni e realtà pari all’1,5 per cento del pil. La Commissione ricorda che in passato l’Italia, nonostante fosse inadempiente sulla regola del debito, non era stata messa sotto procedura di infrazione perché si era impegnata a ridurre il deficit: ora questo non è più possibile perché l’Italia ha deciso di ampliare il disavanzo e rinviare sine die l’Obiettivo di medio termine (il pareggio strutturale). A questo la Commissione aggiunge la bocciatura delle previsioni macroeconomiche fatte dal nostro Ufficio parlamentare di Bilancio (e chiede spiegazioni).
Come si vede dai rilevi tecnici sollevati, il richiamo era inevitabile ed è anche giusto: lo scostamento dai parametri è talmente macroscopico che la Commissione avrebbe dovuto chiudere entrambi gli occhi e chiudere gli occhi di fronte alla violazione delle regole significherebbe dimostrare che in Europa le regole non esistono più. Oltre alle obiezioni tecniche, sono arrivate anche una paio di manate politiche, a sottolineare la posizione prevalente in Europa. Una dal presidente Juncker che, dopo l’incontro il premier Conte, dice: “Non abbiamo pregiudizi, l’Italia è il paese che più ha beneficiato della flessibilità”. E l’altra dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz, “alleato” di Salvini e presidente di turno dell’Unione europea: “Non abbiamo comprensione per il bilancio dell’Italia, non pagheremo certamente le promesse elettorali e populiste degli altri”. Infine è arrivato l’avvertimento del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi: “Sfidare le regole europee non porta una maggiore prosperità, ma comporterà un alto prezzo per tutti”. Ciò che conta non è l’eventuale e lunga procedura d’infrazione che potrebbe costarci una sanzione chissà tra quanti anni, ma l’immediata sanzione che arriverà dalle agenzie di rating e dai mercati. Se lo stolto indica la “manina”, il saggio guarda allo spread: ieri ha chiuso a 327 punti, il massimo dal 2013.