Salvini e Di Maio pronti a rivedere la Manovra. Deficit, ipotesi del nuovo tetto a 2,1 per cento
Ecco perché, nel rispondere a Bruxelles, lunedì, il governo per la prima volta valuta di fare un passo indietro. La mediazione di Buffagni e Giorgetti
“Meglio perdere la faccia, che perdere il governo”. La sintesi, in una mattinata sonnacchiosa in Transatlantico, la offre un deputato del M5s che segue da vicino i dossier economici. Ed è la sintesi del ragionamento che nelle stanze del governo stanno facendo: “Scendere al 2,1 come soglia di deficit”. Insomma, rivedere al ribasso la Manovra. Il tutto entro lunedì a mezzogiorno, quando l'esecutivo grilloleghista dovrà rispondere alla Commissione europea, che ieri ha di fatto bocciato la bozza del documento programmatico di bilancio come irricevibile. Eccessivo, anzi “senza precedenti”, lo scostamento rispetto ai patti: quel 2,4, dunque, non può reggere. Ai due leader, impegnati intanto in una sfida a distanza fatta di frecciate e sbugiardamenti reciproci sul pasticciaccio relativo al decreto fiscale, lo stanno spiegando, con parole sempre più chiare, i rispettivi consiglieri economici.
Che Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia lavorino da settimane per persuadere Matteo Salvini a correggere la manovra, è cosa nota. Ma ormai anche nel M5s lo sforzo di Stefano Buffagni, sottosegretario agli Affari regionali ma uomo forte fidati di Luigi Di Maio e Davide Casaleggio sulle più svariate partite, è sempre più evidente. “Come Giorgetti è lombardo, come Giorgetti è un commercialista. E come Giorgetti, in fondo in fondo, è un democristianone”, sorride in Transatlantico Luca Carabetta, deputato pentastellato. Un modo per dire, senza dirlo, che ormai c'è un asse di sottogoverno che spinge i leader bellicosi ad una certa ragionevolezza. E' stato tenuto fuori dal Mef, Buffagni, anche in virtù di baruffe interne. Ma i ripetuti incidenti che si sono succeduti, in queste settimane, nei dintorni di Via XX Settembre, lo hanno accreditato agli occhi di Di Maio e di altri esponenti di punta del Movimento. E ora, pur preferendo restare nell'ombra, Buffagni predica prudenza: “Coi mercati non si scherza. Dobbiamo evitare di arrivare al downgrade restando su posizioni oltranziste”, va ripetendo da giorni.
Di Maio e Salvini hanno preso tempo: aspettavano di leggere il contenuto della lettera della Commissione. Ieri, quando è stata diffusa, l'hanno trovata - al di là delle dichiarazioni di facciata - più dura di quanto credessero. “Non c'è margine di trattativa: lunedì a mezzogiorno i mercati sono aperti, e la soglia critica dei 400 punti base è vicina”, ripetono i grillini. “D'altronde anche Paolo Savona aveva detto che, di fronte a uno spread senza controllo, rivedere la manovra non sarebbe stata un'abiura”, fanno eco i leghisti. E insomma alla fine anche i due leader potranno piegarsi alla realtà dei mercati.
Il momento giusto per il ripensamento potrebbe essere già domani, alle 13, quando il governo si riunirà in un consiglio dei ministri d'urgenza. Ufficialmente, per mettere una pezza sul decreto fiscale. “Ma è chiaro che si parlerà anche della manovra”, spiega un uomo di governo della Lega. Il nuovo tetto? “Il 2,1 potrebbe essere un buon compromesso”. Bisognerà riscrivere la manovra, magari rimandando l'avvio del reddito di cittadinanza al secondo semestre del 2019. Di Maio farà fatica a digerire questa soluzione: ma sa anche lui che è meglio fare un passo indietro, scaricando comunque la colpa sui tecnoburocrati europei, piuttosto che far saltare il governo per aria.