Guai a colmare l'abisso tra Italia pubblica e privata via patrimoniale
Moody’s declassa esaltando gli alti livelli di ricchezza delle famiglie italiane. Si chiama “cuscinetto” ma si legge “prelievo”
Roma. C’è una parola, nelle 147 righe del dossier che accompagna il taglio di rating a Baa3 dell’Italia, che spiega perché Moody’s il 19 ottobre abbia lasciato stabili le previsioni (outlook) pur riducendo il titolo di credito ad un livello appena sopra quello definito “spazzatura”; in Europa, un gradino sotto la Bulgaria, due sotto Spagna e Russia, tre sotto l’Islanda che dieci anni fece default con il blocco dei bancomat e razionamento dell’accesso ai conti correnti. Quella parola la si trova a riga 99 ed è “buffer”: cuscinetto.
“Le famiglie italiane – scrive Moody’s – hanno alti livelli di ricchezza, che rappresentano un importante cuscinetto contro choc futuri e potrebbe anche essere una possibile sostanziale fonte di finanziamento per il governo”. Questo – assieme ad altre due ragioni, e cioè un’economia privata ampia e diversificata e il surplus di commercio estero – è il vero motivo per il quale il nostro rating non è precipitato ancora più basso, permettendo alle forze di governo di cantare paradossalmente vittoria, quasi che lo scampato (per ora) pericolo fosse un loro merito. In realtà il giudizio non è più drastico non perché si crede alle promesse gialloverdi (Moody’s prevede che il deficit non si fermerà al 2,4 per cento né scenderà negli anni successivi, ma salirà almeno al 2,5 nei prossimi tre anni), ma perché si confida esclusivamente nella vitalità del settore privato, e all’interno di questo si guarda ai portafogli personali. Insomma, un possibile ricorso ad una patrimoniale.
Numeri e parole del resto sono già eloquenti. Gli italiani hanno un surplus finanziario netto (patrimoni meno prestiti) di 3.363 miliardi, il doppio del pil. I tedeschi di 4.079, appena superiore al pil. I francesi di 3.639, una volta e mezzo il pil. Nel Regno Unito il surplus è di 5.407, quasi due volte e mezzo il pil. Dunque mentre non è vero che quanto a patrimoni liquidi (4.200 miliardi prestiti esclusi) siamo i più ricchi d’Europa, lo siamo in proporzione al pil (se escludiamo il Regno Unito, che è fuori dall’euro). Lo diventiamo sommando gli immobili, benché svalutati dalla crisi. E tuttavia proprio negli ultimi mesi le famiglie hanno continuano a disinvestire, in particolare dai titoli di stato, aumentando di oltre 80 miliardi la liquidità sui conti correnti che ormai supera i mille miliardi, mentre l’incertezza politica li tiene lontani dai tradizionali beni rifugio come la casa. Ecco il “buffer” del quale parla Moody’s. “Gli italiani ci daranno una mano”, si è lasciato sfuggire il 12 ottobre Matteo Salvini, riferendosi probabilmente al progetto di Cir (conti individuali di risparmio), cioè emissioni di Btp e Bot riservate ai piccoli risparmiatori, con alti interessi ed esenti dal 12,5 per cento di tasse: servirebbero a tamponare le fughe dai Btp di fondi stranieri (altri 17,5 miliardi ad agosto, il che porta a 66 miliardi il saldo negativo da quando si è materializzata la maggioranza Lega-M5s). I Cir sono, assieme alla flat tax, una fissazione di Armando Siri, sottosegretario leghista alle Infrastrutture, consigliere economico di Salvini pur non avendo nessun curriculum in materia. E’ un ritorno ai Bot people degli anni Ottanta, che trangugiavano titoli di stato a interesse a doppia cifra, di fatto fuori mercato e con inflazione ancora più alta: l’illusione di una ricchezza di carta. Ma il vero dilemma è che cosa si intende per “dare una mano”: una scelta volontaria, forzosa, una moral suasion mediata dalle banche? Il governo ha già in canna un primo assaggio di patrimoniale, con il prelievo di 4 miliardi su banche e assicurazioni, i due settori che toccano più da vicino i portafogli familiari. Ora, magari in versione etica, cara al M5s, o sovranista (“oro alla patria”), una patrimoniale diretta viene inserita, da chi osserva da fuori e con attenzione le vicende italiane, tra le opzioni possibili.