Fs deve fare funzionare l'Alta velocità (e lasci stare Alitalia)
Rete ferroviaria italiana ha chiuso lo scorso anno con grandi utili, denaro da investire per risolvere i problemi che rallentano i treni veloci. Ad iniziare dalla tratta tra Roma e Firenze
Roma. Negli ultimi mesi diversi casi di ritardo sono stati evidenziati sulla rete alta velocità italiana. È utile fare chiarezza su quali siano i problemi reali della rete, al fine di trovare le soluzioni adeguate da parte del governo e del gestore dell’infrastruttura. Il trasporto ferroviario in Italia è indubbiamente cresciuto molto, grazie alla competizione nel settore dell’Alta velocità, ma è bene fare attenzione per comprendere cosa si deve migliorare. Spesso i disservizi e i ritardi si verificano tra Roma e Firenze: questa tratta ad alta velocità, conosciuta anche come Direttissima, è quella più vecchia dato che è stata inaugurata nel 1992 e ha una velocità massima di 250 chilometri orari. Il resto della rete Alta velocità è invece stata completata tra la fine del 2005 e il 2009 e permette velocità massima a 300 chilometri orari e un distanziamento reale dei treni di 5 minuti.
La rete tra Roma e Firenze ha dunque uno sviluppo tecnologico inferiore e permette di fatto una minore frequenza di treni. La Direttissima di fatto è stato un raddoppiamento della linea tradizionale esistente. Vi è dunque da chiedersi se esiste una congestione di tale linea. La capacità della Direttissima possiamo immaginare possa essere di circa 350 treni al giorno (175 per direzione). Ma quale è l’offerta complessiva di treni Alta velocità sulla linea Bologna-Firenze o sulla Firenze-Roma? Si parla di circa 245 treni al giorno (offerta massima), ben inferiore rispetto alla capacità della linea (sia la Direttissima che la linea Alta velocità).
Da dove derivano dunque i malfunzionamenti se non vi è un problema di capacità? Una delle questioni esistenti è l’immissione sulla linea Direttissima di treni lenti. Su alcune tratte della Roma-Firenze, infatti, viaggiano anche dei treni a gasolio che hanno una velocità massima di 140 km/h, molto inferiore rispetto alla velocità massima consentita pari a 250 km/h. Questi treni occupano maggiormente la linea Direttissima e, di fatto, ne limitano la capacità, mentre esiste un’altra linea, quella tradizionale, che è sottoutilizzata. Una gestione di fatto non efficiente. Altro problema è relativo all’affidabilità della Roma-Firenze, dato che i problemi alla rete elettrica non sono nuovi e sconosciuti su questa tratta. Le compagnie ferroviarie sono vittime di queste problematiche ed è alquanto assurdo che i problemi relativi a questa linea non siano mai stati risolti, in quando proprio i vettori ferroviari Alta velocità pagano un alto prezzo per il pedaggio della rete.
Ma c’è anche un altro tema da risolvere. L’Italia è il paese in cui si è costruita la linea Alta velocità, senza pensare di risolvere gli eventuali imbottigliamenti nei nodi urbani delle città. Semplificando, il nodo urbano è quell’infrastruttura ferroviaria presso i grandi centri urbani dove convergono tutte le linee. Proprio i nodi urbani sono un elemento critico per le compagnie ferroviarie, perché la rete in entrata nelle città vede l’arrivo non solo di treni Alta velocità, ma anche di treni regionali, intercity e merci.
Entro il 2018 doveva essere completata l’implementazione della tecnologia che permetteva quasi un raddoppio della capacità dei nodi, ma sembra che tale infrastruttura verrà conclusa solo nel 2021, con tre anni di ritardo. Vi è infine da tenere conto che Rfi ha avuto un utile pari a 262 milioni di euro nel 2017, in forte crescita nell’ultimo anno anche grazie all’aumento dei ricavi dei pedaggi degli operatori Alta velocità. Un “nonsense” per il gestore dell’infrastruttura che dovrebbe investire eventuali utili per i miglioramenti dell’efficienza della rete. Forse, piuttosto che perdere denaro in Alitalia, il gruppo Fs farebbe bene a risolvere i problemi dei nodi urbani che creano problemi sia ai pendolari sia ai passeggeri dell’Alta velocità.