Il referendum sull'Atac si svolgerà domenica 11 novembre (Foto LaPresse)

I numeri da conoscere per votare #BastaAtac al referendum

Andrea Giuricin

Settecento milioni di euro l’anno bruciati tra perdite e sussidi, il costo reale del biglietto è 6 euro. Serve una liberalizzazione seria e fatta bene

Roma. Il referendum sul destino di Atac dell’11 novembre nella Capitale si sta avvicinando e più passa il tempo e maggiore è il costo per la cittadinanza. Il dato è infatti chiaro. Ogni giorno che passa, con l’azienda gestita nel modo attuale, sono bruciati due milioni di euro tra perdite e tasse. Nel complesso si parla di circa 1,5 miliardi di euro nell’ultimo biennio amministrato sotto la Giunta Raggi (bilanci Atac 2016 e 2017). Ci sono molti dati nascosti che di fatto sono ancora non chiari a chi si dovrà recare al voto. In primo luogo c’è la confusione tra prezzo del biglietto e costo del servizio. La tariffa del biglietto è di 1,5 euro a Roma, così come in altre città, ma il costo reale del biglietto Atac è pari a 6 euro.

 

Bisogna considerare che i ricavi da abbonamenti e biglietti coprono meno di un quarto di tutti i costi operativi nell’azienda romana. A questo euro e mezzo del biglietto bisogna aggiungere 0,4 euro di altri ricavi, ma soprattutto 3,4 euro di sussidi erogati dai cittadini onesti che pagano le tasse e circa 0,7 euro di perdite. Nel complesso il costo reale del biglietto sarebbe dunque pari a 6 euro. Il dato è tragico perché il costo è tre volte tanto i migliori casi europei e del 50 per cento superiore a Milano. Se, in maniera teorica, Roma avesse l’efficienza dei migliori casi europei, nel corso del biennio 2016-2017, non solo i romani avrebbero potuto viaggiare completamente gratis sui mezzi Atac, ma i contribuenti avrebbero potuto risparmiare fino a 400 milioni di euro l’anno. Una cifra considerevole visto lo stato di emergenza finanziaria in cui versa la città di Roma.

 

Quello che sorprende è che l’amministrazione cittadina non voglia cambiare una situazione così tragica tramite uno strumento di democrazia diretta: il referendum. Anzi ha preferito prolungare di due anni il contratto ad Atac, che nel corso del secondo semestre del 2017 non ha fornito oltre il 23 per cento delle corse delle metro e il 18 per cento delle corse degli autobus, premiando di fatto un’azienda inadempiente. E la cosa più tragica è che favorisce un privato come Roma TPL che gestisce il 20 per cento delle corse nella città di Roma (con un costo del 40 per cento inferiore ad Atac), visto il prolungamento del contratto fino al 2020. Uno scandalo che va contro i principi di trasparenza che dovrebbero guidare una buona amministrazione, anche perché stiamo parlando di un’azienda che brucia oltre 700 milioni di euro l’anno tra perdite e sussidi.

 

Il referendum consultivo dell’11 novembre ha il grande merito di indicare la strada che il sindaco di Roma, Virginia Raggi, potrebbe seguire per fare risparmiare centinaia di milioni di euro l’anno, introducendo il concetto di gare trasparenti per assegnare il contratto di servizio. Paradossalmente, il sindaco Raggi ha dunque la possibilità di abbandonare la lobby del trasporto privato che ha difeso tramite il prolungamento senza gara del contratto di Roma Tpl e schierarsi per una liberalizzazione seria e fatta bene, spingendo i romani ad andare a votare al referendum dell’11 novembre.