La Consob che non c'è
Più della vacanza della presidenza, a preoccupare la Borsa è il modello pro mercato di Nava bocciato dal M5s
Milano. A voler riguardare su You Tube i cinquanta minuti di conferenza stampa del Consob Day dell’11 giugno scorso, quando l’ex presidente Mario Nava spiegava la sua visione pro mercato e pro Europa dell’Authority, si colgono – con il senno di poi – tutti i segni premonitori di quello che sarebbe accaduto dopo. La politica era assente, nessun membro del governo Lega-M5s, insediato una settimana prima, era stato inviato ad assistere, come aveva fatto notare qualche giornalista in sala. La cosa era inusuale, certo, ma Nava, che nella sua relazione non aveva mancato di sottolineare l’importanza dell’indipendenza di un’Authority come la Consob, fece apparire quell’assenza come una défaillance perdonabile nella fase di avvio dell’esecutivo.
In realtà, era l’inizio della fine della sua presidenza iniziata due mesi prima. Il governo populista aveva già rivelato il suo animo anti europeo. L’esatto contrario dell’indirizzo che Nava voleva imprimere alla “sua” Consob, dove non ha esitato a dare prova di indipendenza come quando, il 18 maggio, ha diffuso una nota di richiamo a seguito di esternazioni della politica che avevano turbato l’andamento della Borsa. Del resto, dopo venticinque anni di esperienze professionali all’estero, in seno a organismi internazionali, la cosa più logica da fare gli sembrava quella di invitare chi ha responsabilità istituzionali a una comunicazione più prudente. Dopo le dimissioni date a settembre (rassegnate “con dispiacere” e per una questione “solo politica”, come lui ha tenuto a sottolineare) Consob è senza presidente da due mesi.
Nava è tornato a lavorare alla Commissione europea, dove osserva da lontano, ma non troppo, la scena italiana prendendosi qualche rivincita. Secondo alcune fonti finanziarie, è stato proprio lui a spendersi presso l’Esma (European securities and markets authority) per la nomina di Carmine di Noia alla presidenza di un comitato di importanza rilevante come il Cema (Comitato per l’analisi economica e dei mercati). Quest’ultimo, infatti, contribuisce all’attività di vigilanza europea monitorando gli sviluppi nei mercati finanziari, valutando i rischi sistemici e fornendo analisi economiche di base per i compiti generali dell’Autorità Ue. Nava ha ricoperto lo stesso incarico tra maggio e settembre, ma nel lasciare ha usato la sua influenza per spingere la candidatura di un altro italiano che ha avuto modo di apprezzare come commissario Consob durante la sua breve presidenza. E Di Noia, considerato uno dei tecnici più preparati in Italia sul funzionamento e la regolamentazione dei mercati finanziari, diventa gioco-forza un interlocutore in ambito europeo della Consob stessa, almeno fino al 30 settembre 2019 quando avrà termine il mandato. Insomma, dopo il trattamento che ha ricevuto, Nava ha trovato il modo di mettere lo zampino nel nuovo assetto dell’Authority, anche se la sua eredità non si limita a questo.
In soli cinque mesi sono almeno tre le attività avviate secondo il piano operativo 2019-2021 impostato con l’obiettivo di fare crescere la piazza finanziaria italiana (la 17esima al mondo pur essendo il nostro paese la nona economia) attraverso un ritorno di fiducia da parte di piccoli e grandi investitori (soprattutto esteri). E il paradosso è che a raccogliere in parte i frutti di questo lavoro avviato secondo un’impostazione di tutela del risparmio, di maggiore trasparenza e di sviluppo dell’intero sistema sarà proprio il governo in carica. Tanto per cominciare, è stato Nava a decidere il potenziamento dell’arbitro per le controversie finanziarie (Acf) che, quando lui è arrivato, aveva già sperimentato oltre un anno di attività con migliaia di ricorsi di risparmiatori esaminati e decisioni assunte, ma aveva le armi spuntate rispetto all’Anac di Raffaele Cantone che disponeva anche di fondi da ripartire. E’ stato grazie anche ai colloqui intercorsi la scorsa estate tra Nava e i sottosegretari al ministero dell’Economia, Massimo Garavaglia e Massimo Bitonci, che il governo gialloverde ha messo a fuoco le competenze in tema di controversie finanziarie esistenti in Consob arrivando a stanziare prima un fondo di 24 milioni con il Milleproroghe e poi la cifra di 1,5 miliardi con la legge di Stabilità (l’entità però potrebbe variare fino all’approvazione) e consentendo alla Consob l’assunzione di 55 nuove risorse per smaltire la mole di pratiche. Il paradosso sta nel fatto che questi soldi andranno a ristoro soprattutto dei risparmiatori danneggiati dal crac delle banche venete, quindi eventualmente con un ritorno di consenso per la Lega nei territori più coinvolti che sono quelli del nord Italia. Sempre Nava è artefice del protocollo d’intesa con la Banca d’Italia, controfirmato dal governatore Ignazio Visco, per rafforzare quel tandem sulla vigilanza tanto auspicato dalla Commissione d’inchiesta sulle banche che, sotto la guida di Pierferdinando Casini, aveva individuato nella mancanza di collaborazione tra i due organismi una delle cause degli scandali finanziari degli ultimi anni; benché i media si siano concentrati sull’affaire Boschi-Etruria perdendo completamente di vista la necessità di un coordinamento tra vigilanza bancaria e dei mercati. E, infine, Nava ha promosso la costituzione del Comitato di consultazione con tutti gli operatori del mercato (si era vociferato che ne potessero entrare a fare parte anche rappresentanti dei giornalisti oltre che intermediari finanziari, società quotate, associazioni di categoria) per favorire uno scambio sistematico di informazioni sul funzionamento del mercato e sulle opportunità per favorirne lo sviluppo. L’organismo, costituito da trenta componenti, stava per diventare operativo quando Nava si è dimesso. Ma il suo percorso non si è fermato e dovrebbe vedere la luce entro la fine dell’anno, quando, probabilmente, ci sarà anche un nuovo presidente. Da parte di un partito come il M5s che si dichiara difensore dei risparmiatori avere spinto alle dimissioni un funzionario di rango che aveva l’esatto obiettivo di difendere il popolo del mercato è stata una scelta quanto meno incoerente.