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Lo spread vola sopra quota 300 e Piazza Affari sprofonda sotto il peso della manovra

Mariarosaria Marchesano

La lettera di Tria a Bruxelles mantiene inalterati i principali target di crescita e deficit. Unica concessione: riduzione del debito con privatizzazioni da 18 miliardi 

Milano. La "linea dura" del governo giallo-verde sulla manovra economica costa all'Italia un'altra impennata dello spread arrivato stamattina a toccare 315 punti base. Gli investitori, delusi e intimoriti dalla prospettiva di una procedura di infrazione, che appare ormai inevitabile, reagiscono con una pioggia di vendite su Piazza Affari che apre in calo e poi allarga le perdite trascinando al ribasso anche le altre piazze europee, ormai sensibili alla vicenda italiana. I listini del Vecchio Continente sono tutti in discesa nelle prime due ore di contrattazioni con l'indice Ftse Mib che segna -1,6 per cento a 18.947 punti. L'Italia ha presentato alla Commissione europea un nuovo documento programmatico di bilancio che mantiene inalterati i principali target di crescita e deficit, nonostante i rilievi di Bruxelles, che aveva bocciato la precedente versione perché non conforme alle regole Ue.

  

Unica modifica: privatizzazioni all'1 per cento del Pil

Nella lettera inviata alla Commissione, la stima di crescita del pil per il 2019, uno dei punti più criticati della manovra, è mantenuta all'1,5 per cento, mentre per il 2020 il target è indicato all'1,6 per cento. Confermata, inoltre, al 2,4 per cento la stima del deficit/pil per il 2019 contro il 2,9 per cento previsto da Bruxelles e contro anche le utlime previsioni del Fondo monetario internazionale che si assestano nella forchetta tra il 2, 6 e  il 2,7 per cento). L'unica "concessione" viene fatta dal governo sul rapporto tra debito e pil, che nella nuova versione è indicato in calo al 129,2 per cento nel 2019 e al 127,3 per cento nel 2020 rispetto al 130,9 per cento di quest'anno. Per assicurare la discesa del debito, il governo ha inserito operazioni di privatizzazione pari all'1 per cento del pil.

  

Ribaltone Telecom: Altavilla verso la nomina

Fra i titoli a maggior capitalizzazione spiccano i ribasso di Mediaset  dopo i conti dei nove mesi presentati ieri sera, e di Telecom Italia, giù del 3,38 per cento dopo gli scontri interni alla governance che hanno portato alla revoca delle deleghe all'ad, Amos Genish che potrebbe essere sostituito già nel prossimo consiglio del 18 novembre da Alfredo Altavilla, ex numero due di Fca. Male i petroliferi, con la discesa del greggio, e gli industriali, fra cui tuttavia di muove in controtendenza Pirelli, unico titolo positivo del listino principale. In picchiata anche Exor, che ha annuciato un piano di buy back di azioni pari a 300 milioni di euro. In forte difficoltà i finanziari: sulle banche si fa sentire l'aumento dello spread dopo la lettera con cui il governo ha detto di no alle modifiche chieste dalla Ue sulla manovra. Fuori dal paniere principale non fa prezzo Carige, che segna un +10 per cento teorico, mentre va male Geox che ha presentato ieri i conti dei nove mesi e che oggi illustrerà il nuovo piano finanziario.

  

Brexit, passo in avanti ma non basta

Intanto, a livello internazionale l'attenzione è concentrata sul fronte Brexit. Nel tardo tardo pomeriggio di ieri è trapelata la notizia che l'Unione europea e il Regno Unito hanno trovato un accordo sulla questione più spinosa, ovvero quella del confine tra le due Irlande. In serata la premier Theresa May ha incontrato personalmente tutti i ministri, e oggi è previsto una seduta di Consiglio alle 14 per valutare la bozza di accordo. Da qui a dire che l'intesa sarà approvata in Parlamento, ne passa. Ma l'eventuale compromesso con l'Europa sui confini è considerato dagli analisti un bel passo avanti. Stephanie Kelly, economista politica di Aberdeen Standard Investments, spiega in una nota: "Questo accordo è certamente un successo e tutti sono consapevoli di quanto sia stato difficile raggiungere tale risultato. Ma non siamo arrivati alla fine. Le insidie restano sulla spinosa questione del confine irlandese. Tutto dipende da questo e, in ultima analisi, se la May riuscirà a far passare il tutto in Parlamento. C'è una spada di Damocle che sovrasta il primo ministro inglese e che è in mano ai suoi stessi deputati. Bisogna ancora convincere loro e il resto del Parlamento, e la conclusione non è scontata".

 

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