L'Italia non si salva con Babbo Natale
La commissione Ue ha bocciato la manovra, come risponde il nostro paese? Il vero piano B che manca al governo per non mettere il popolo nei guai
Roma. Alla fine viene da chiedersi se il governo del famigerato Piano B abbia davvero un piano B. Se cioè qualcuno nell’esecutivo gialloverde abbia in mente una strategia alternativa rispetto al piano A di scontro frontale con l’Europa, che inevitabilmente condurrà il paese in una recessione o, peggio ancora, in una crisi finanziaria. La Commissione europea, come era prevedibile e per certi versi inevitabile, ha bocciato la legge di Bilancio del governo e proposto al Consiglio l’apertura di una procedura d’infrazione per “i disavanzi eccessivi” e per la violazione del “criterio del debito”. Alla base della decisione c’è la mancata riduzione del debito pubblico nonostante la fase di crescita, ma anche – come anticipato dal Foglio – il notevole passo indietro rispetto alle riforme strutturali approvate (“in particolare sulle riforme delle pensioni”) e infine l’inosservanza delle raccomandazioni del Consiglio rivolte all’Italia il 13 luglio, quando cioè il presidente Conte e il ministro Tria si erano accordati con l’Europa su un deficit molto più basso (una correzione dello 0,1 per cento o al limite una politica fiscale neutrale era l’impegno).
Cosa risponde il governo italiano e quali saranno le sue prossime mosse? Per il momento sembra in stato confusionale. Si va dallo strafottente Salvini che accosta la lettera di Bruxelles alla “lettera di Babbo Natale”, al surreale Di Maio convinto che “l’Unione europea si convincerà” passando per il dialogante Tria che si oppone alla “drammatizzazione del dissenso” con l’Europa fino all’evanescente Conte che ritiene di poter risolvere tutto “sabato a cena da Juncker”. Ma per dire cosa? Cosa pensa di fare la maggioranza gialloverde, non tanto per ricucire lo strappo con Bruxelles, ma per recuperare la fiducia dei mercati e dei risparmiatori?
Fino a qualche mese fa la strategia del governo era molto chiara, folle e autolesionistica, ma chiara. Era il piano B del ministro Paolo Savona, che consisteva nel preparare un piano di uscita dall’euro da usare come deterrente nei confronti delle controparti europee. In pratica l’idea era di presentarsi ai tavoli europei con una cintura esplosiva in modo da costringere la Commissione o la Bce ad accettare le richieste per fermare le pulsioni suicide italiane. Questo tipo di minaccia è tanto più credibile quanto più l’interlocutore sembra “pazzo”, cioè disposto ad andare fino in fondo. Ma il governo sembra – almeno nelle dichiarazioni ufficiali – aver rinunciato a questa arma, visto che tutti ripetono di non voler uscire dalla moneta unica. Questo esito è tuttavia ritenuto ancora probabile dai mercati – e lo si vede dall’impennata dello spread – anche perché, visti i comportamenti maldestri e indecifrabili dei governanti italiani, c’è il timore che la cintura esplosiva possa innescarsi per errore.
Il governo aveva altre possibili vie di uscita: che i mercati si fidassero della manovra e delle previsioni di crescita del governo; che arrivasse qualche “salvatore” straniero a fare da prestatore di ultima istanza per garantire il nostro debito; che i risparmiatori italiani, in uno sforzo patriottico, comprassero in massa i titoli di stato. Nulla di tutto ciò è avvenuto: l’Europa non si è piegata, anche perché non c’è stato al momento alcun contagio sugli altri paesi dell’area; i mercati e le istituzioni internazionali non credono ai numeri della manovra (l’Ocse ha indicato una previsione di crescita dello 0,9 per cento, non solo più bassa dell’1,5 del Mef ma addirittura inferiore all’1,2 della Commissione); il soccorso finanziario di americani, russi o cinesi – a dispetto del notevole spinning mediatico degli ultimi mesi – non si è visto; gli italiani non stanno comprando Btp ma stanno spostando i risparmi all’estero. Di conseguenza, e questo è l’aspetto tragicomico, il governo del tristemente famoso piano B sembra non avere alcun piano B. Con una manovra scellerata e irresponsabile si è infilato in un vicolo cieco e ha di fronte due scelte poco piacevoli ed entrambe costose: tirare dritto e portare il paese a sbattere contro il muro, oppure fare retromarcia rimangiandosi tutte le promesse elettorali alla vigilia delle elezioni europee.
Dall’altro lato la strategia dell’Europa appare molto chiara: dopo il precedente della Grecia e le trattative sulla Brexit, ha capito che la linea dura paga, a maggior ragione dopo che l’Italia ha ricompattato contro se stessa tutti gli altri 18 paesi dell’Eurozona. E adesso la Commissione, prima di proseguire il dialogo, ha poggiato sul tavolo la pistola della procedura d’infrazione. Qual è il piano B dell’Italia?